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San Miniato, in provincia di Pisa, è stato per mezzo secolo un tempio dell’antifascismo, quei mausolei “naturali” che, per essere stati oggetto di una strage tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, si sono prestati alla speculazione dei partiti dell’arco costituzionale ed essere, di conseguenza, elevati a fabbriche di odio antifascista permanente. Quei luoghi sacri agli istituti della Resistenza (immaginaria) e alle associazioni dei partigiani (del dopo la guerra, ovviamente), davanti ai quali, a scadenze prestabilite, si riuniscono obbligatoriamente tutti gli studenti del circondario per ascoltare il verbo dei politici di professione, tutti uniti a tramandare, di generazione in generazione, l’odio contro i nazisti e i fascisti. Anche i fratelli Taviani si sono sentiti in dovere di contribuire alla diffusione della “buona novella” con un famoso lungometraggio sulla strage “nazista” di San Miniato, La notte di San Lorenzo (1982): tutto l’apparato della Repubblica Italiana, dalla destra nazionale alla sinistra extra-parlamentare, aveva offerto il suo “agnello sacrificale” – ricevendo ovviamente in cambio alti riconoscimenti economici e politici – al mito della “liberazione”.

Ma il crollo del muro di Berlino, la scomparsa del comunismo, ha provocato la frana di tanti miti resistenziali, seppelliti dal peso della loro stessa menzogna. E così, a San Miniato, quel mormorio “fascista” che strisciava per le vie del paese si è fatto sempre più forte, fino ad esplodere con effetti drammatici. E allora, anche chi per decenni aveva – dietro congruo compenso – diffuso odio in nome dell’antifascismo di professione, ha dovuto ammettere che a San Miniato c’era stato un piccolo errore di valutazione. Sì, quel giorno, ad uccidere quei poveri innocenti – di cui nessuno, tra l’latro, si era mai interessato, se non per sfruttarne la morte sull’altare dell’antifascismo – non erano stati i Germanici, ma gli Statunitensi. Ma perché indignarsi tanto? Il “male assoluto” era pur sempre il “male assoluto”, una piccola bugia a fin di bene era sempre preferibile… alla verità.

Il lettore si domanderà cosa c’entra San Miniato con la provincia di Rieti. Ebbene, sembra che anche questa provincia italiana, un tempo della Repubblica Sociale Italiana, abbia la sua piccola San Miniato “irredenta”, dove una strage compiuta dai Britannici è da sempre stata attribuita ai Germanici, per poterne sfruttare l’orrore in nome dell’odio e dell’unità antifascista.

Quel 10 Giugno 1944, mentre le truppe dell’Impero inglese avanzavano lungo la Salaria, senza per altro incontrare resistenza, Poggio Mirteto viveva l’ansia dei “grandi giorni”. I fascisti e il grosso delle unità tedesche avevano lasciato la provincia di Rieti da alcuni giorni, in tutta tranquillità, senza essere disturbati da nessuno. Di partigiani neppure l’ombra, solo qualche mitragliamento aereo anglo-americano aveva impensierito la lunga marcia verso il Nord, dove si sarebbe continuata la battaglia per la libertà e l’onore d’Italia. Quel 10 Giugno, solo alcuni piccoli reparti germanici rimanevano in zona, per gli ultimi preparativi. Contro queste unità si accanì l’aviazione anglo-americana e le artiglierie britanniche, intenzionate a radere al suolo qualsiasi cosa si frapponesse alle truppe in marcia, fossero semplici casali di campagna, fossero piccoli paesi di montagna. E prima dell’arrivo delle truppe, un’ultima azione di “bonifica” a suon di mortai. Nessun combattimento a viso aperto si voleva coi Germanici. Difficile sconfiggerli solo con i Fanti, anche se in rapporto di uno a dieci. E così, alla vista di Poggio Mirteto, importante centro reatino, dotato fino a qualche giorno prima anche di un forte ed efficiente Presidio della Guardia Nazionale Repubblicana, gli Inglesi – nel timore fossero presenti ancora unità nemiche – decisero di  “spazzolarlo” con i mortai, prima dell’entrata delle truppe. La sorte volle che diversi paesani stessero saccheggiando un magazzino viveri quando avvenne l’attacco contro i nemici immaginari: e fu strage. Un eccidio che fu un trauma per tutti coloro che credevano fosse finalmente finita la guerra e le sofferenze. Una beffa mostruosa che pregiudicava anche la mitologia della “liberazione”: come far diventare un crimine di guerra commesso dai “liberatori” in una festa politica? Il trauma psicologico e le necessità politiche imposero la rimozione della realtà storica e quella che era solo una delle tanti stragi dei “liberatori di schiavi”, divenne come per magia, un eccidio “nazi-fascista”, con tanto di lapide ricordo, con tanto di manifestazioni di cordoglio, con tanto di scolaresche schierate a sentire i sermoni dei Professoroni antifascisti (pagati con i soldi dello Stato, ovviamente).

«A 70 anni da questo drammatico evento di sangue – ha dichiarato il Dott. Pietro Cappellari, Responsabile culturale del Comitato Pro 70° Anniversario della RSI in Provincia di Rieti – c’è chi ancora tenta di speculare politicamente parlando di una “strage tedesca”. Le risultanze storiche, la logica, un’analisi indipendente priva della distorsione ideologica dei fatti in questione, però, pone seri dubbi su questa etichetta. Siamo dell’avviso che i soli responsabili del massacro di Poggio Mirteto siano i Britannici che, come al solito, preferirono aprirsi la strada con l’aviazione, le artiglierie e i mortai, nel costante timore di dover affrontare a viso aperto i reparti germanici sul campo di battaglia. Abbiamo chiesto al Sindaco di modificare la lapide politica che nella piazza centrale del paese ricorda il drammatico evento attribuendolo ai Tedeschi. Volevamo organizzare insieme una manifestazione in ricordo delle vittime di quel crimine di guerra, senza più speculazioni politiche, in modo che – finalmente – si potesse rendere un omaggio disinteressato ai dimenticati di quel giorno, “liberarli” dalla falsità e rendere loro giustizia. Dalla risposta avremmo espresso un giudizio morale nei suoi confronti. Il lungo silenzio faccia esprimere questo giudizio all’intera cittadinanza».

 

Leonessa, 8 Giugno 2014

 

Claudio Cantelmo

Ufficio Stampa

Comitato Pro 70° Anniversario

della RSI in Provincia di Rieti

Sabato scorso la festa organizzata dal Comitato Nettunese Pro Gabriele d’Annunzio in omaggio al ricercatore Pietro Cappellari

di Lemmonio Boreo

Sabato 6 Giugno 2015, nell’incantevole cornice marina dell’Arena dello Stabilimento Pro Loco di Nettuno, si è tenuta la presentazione dell’ultimo studio del ricercatore Pietro Cappellari dal titolo Il fascismo ad Anzio e Nettuno. La manifestazione, patrocinata dalla locale Pro Loco e fortemente voluta dal suo Presidente Dott. Marcello Armocida, è stata organizzata dal Comitato Nettunese Pro Gabriele d’Annunzio nell’ambito delle celebrazioni per il centesimo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia. Presente un pubblico selezionato e interessato alle novità storiche illustrate dal Dott. Cappellari che, in oltre 280 pagine, ha saputo coniugare una massa di documenti inediti con una narrazione chiara e puntuale.

Un ventennio, quello che va dal 1919 al 1939, descritto nei minimi particolari con importanti riflessioni sulla società di allora e sullo Stato fascista. Infatti, il libro di Cappellari non è certamente solo uno studio di storia locale ma, grazie all’utilizzo di fonti “nazionali” e parallelismi con ciò che accadeva in Italia e in Europa, si eleva a rango di volume di storia compiuto, in cui si evidenzia come le grandi innovazioni prodotte dal Regime siano poi state effettivamente attuate a livello periferico, con risultati invero eccezionali.

Particolare interessante è la nascita dello squadrismo nelle due città gemelle e come il Regime riuscì a consolidarsi macinando uno straordinario consenso di massa, reclutando addirittura esponenti dei partiti prefascisti, tutti convertitisi al “culto del littorio” dopo la sua impetuosa ascesa al potere. Ma non solo. Riflessioni approfondite sono state fatte sul Volontarismo di guerra, sulla partecipazione entusiastica della popolazione alle guerre di Etiopia e di Spagna; sulla lotta alla povertà e come questa sia stata combattuta attraverso opere incisive di uno Stato sociale moderno e all’avanguardia, che fecero del Fascismo “il sole dei poveri”, come scrisse il cattolico-liberale Arturo Carlo Jemolo (cui non si possono certamente addossare simpatie mussoliniane).

Interessanti sono le pagine dedicate all’antifascismo – praticamente inesistente – e al tentativo di ricostituzione del Partito Comunista del 1931, progetto ben presto abortito per l’intervento della Polizia. Da sottolineare come gli arrestati furono tutti “graziati” da Mussolini e che molti di loro poterono contare anche su sussidi statali per far fronte alle difficoltà quotidiane.

Quello che ne esce fuori è un Fascismo molto diverso da quello cantato dai “professori” nelle scuole e nelle università; di quello dipinto dai fasciofobi di oggi, tutti intenti a preservare una falsa storia ideologica che serve solo a tutelare i loro illusori posti di potere.

La festa per questo che è l’undicesimo libro di Cappellari è stata introdotta dal Prof. Alberto Sulpizi, storico del territorio nettunese, che non ha mancato di evidenziare l’importanza per le città di Anzio e Nettuno di questo volume che, finalmente, dirada le nebbie su un passato glorioso del nostro litorale, cui guardare con ammirazione e rispetto.

 

Lemmonio Boreo

Foto e info: https://www.facebook.com/pages/Il-fascismo-ad-Anzio-e-Nettuno-1919-1939-Una-storia-italiana/809378612464520

Il significato partecipativo del moderno impegno femminile
Questo numero si apre con un’articolata riflessione di Marina Vuoli Buontempo, una delle ultime allieve di Ugo Spirito e che, a un’intensa vita di famiglia, ha abbinato costantemente una feconda continuità di studi. Prendendo occasione da un appuntamento prevalentemente femminile, avvenuto recentemente in Campania, tratta in quattro punti i problemi che emergono nella società contemporanea e in particolare in Italia e in Europa. Le denuncie riguardano il difetto di rappresentanza, la crisi culturale, l’impegno per le donne di lanciare un messaggio di corale responsabilità, la necessità di partecipazione sociale nell’impresa. Lo scritto di Vuoli Buontempo conclude sottolineando che bisogna ricuperare il concetto di nazione, insieme italiana ed europea, che – come diceva Renan – è «quel plebiscito che si tiene tutti i giorni».
Mario Bozzi Sentieri tratta con la consueta acutezza la questione relativa a un nuovo ruolo che deve assumere il sindacato prendendo occasione dalla sua crisi riguardante gli scopi e le finalità che lo rendono sempre più un ente piatto e burocratico. Bozzi Sentieri pone chiare le domande circa il ruolo del sindacalismo nel terzo millennio e sostiene che tale ruolo non può derivare altro che da una visione della società che lo stesso sindacato deve proporre.
In questi giorni, nell’ambito del Centenario della Prima guerra mondiale, nella Camera dei Deputati ben 59 parlamentari del PD, con la complicità del Presidente della Commissione Difesa espresso da Forza Italia, hanno presentato addirittura un disegno di legge per la riabilitazione di quanti, nei momenti più difficili di quell’immane conflitto, hanno subito drastica esecuzione con l’accusa di viltà di fronte al nemico. Le considerazioni che svolge al riguardo Vincenzo Pacifici sottolineano la vergognosa speculazione e la vigliaccheria antipatriottica.
Tra le consuete rubriche va segnalata una lettera di Lorenzo Puccinelli Sannini che invita alla verità storica circa l’origine del regime attuale, il quale deriva da una sconfitta e da quanti su essa hanno speculato. Il numero del Sestante è arricchito da segnalazioni librarie di grande attualità e di meritoria iniziativa come quella di Romano Nicolini riguardante l’assoluta essenzialità della conoscenza della lingua latina proprio per avere una moderna cultura adeguata alle specializzazioni richieste dai nuovi tempi. (g.r.)

SOMMARIO

- Etica, partecipazione, famiglia e responsabilità sociale dell’individuo. Le ragioni di un impegno: ieri, oggi e domani di Marina Vuoli Buontempo

- Una discussione da fare. Sui sindacati Renzi ha ragione? di Mario Bozzi Sentieri

- Lo strano modo di “celebrare”il Centenario della Prima guerra mondiale. Iniziativa antipatriottica e speculazione vergognosa di Vincenzo Pacifici

- Rubriche: Lettere al Sestante. La storia con la “S” maiuscola di Lorenzo Puccinelli Sannini e risposta di Gaetano Rasi. Segnalazioni: Associazione “Pro latinitate”. I Libri del “Sestante”. Rassegna di novità librarie a cura di Mario Bozzi Sentieri. Segnalazioni Librarie.

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Il Centenario della Prima guerra mondiale
In occasione del Centenario dell’inizio della Quarta guerra d’Indipendenza e Prima guerra mondiale, il CESI ritiene importante mettere a fuoco in maniera adeguata il significato fondante di quell’evento storico. E ciò non solo per essere consonanti con la verità storica, ma anche per impegnare consapevolmente tutti gli italiani a riflettere su gli effetti prodotti dalla guerra che hanno profondamente inciso, modificandola, la coscienza del nostro Paese.
Il futuro di una nazione, come è noto, non solo è frutto del presente, ma anche di alcune costanti e in ogni caso degli eventi del passato. Trascurare questi fatti significa seguitare in una serie di crisi nelle quali le diverse classi dirigenti non sono in grado di orientarsi e tanto meno di trovare soluzioni.
Pertanto pubblichiamo un’analisi relativa agli effetti sociologici conseguenti al compimento dell’Unità nazionale sia dal punto di vista territoriale che di quello delle consapevolezze maturate dagli italiani residenti nelle varie regioni del Paese. Inoltre riteniamo utile richiamare l’attenzione su come drammatici eventi, che pur costarono tanti sacrifici, determinarono anche la formazione di una nuova classe dirigente nazionale riguardante le pubbliche responsabilità istituzionali e le competenze tecnico-dirigenziali in campo economico e sociale.
Questo numero è arricchito dalla rubrica “Segnalazioni librarie” che riporta l’illustrazione di due recentissimi opere pubblicate da esponenti del CESI.
Anzitutto, per gentile concessione dell’editore, riportiamo la Premessa del nuovo libro di Mario Bozzi Sentieri “Filippo Corridoni. Sindacalismo e interventismo. Patria e lavoro”.
Inoltre, sempre a proposito del centenario della Prima guerra mondiale, pubblichiamo l’Introduzione al volume di Gaetano Rasi “Tutto è cambiato con la Prima guerra mondiale. Società ed economia dal 1915 al 1922”.

SOMMARIO

- 1915-1918: si è compiuta l’unità degli italiani. Dalla Prima guerra mondiale è nata una nuova classe dirigente di Gaetano Rasi

- “Segnalazioni librare”: Mario Bozzi Sentieri, Premessa a “Filippo Corridoni. Sindacalismo e interventismo. Patria e lavoro”; Gaetano Rasi, Introduzione a“Tutto è cambiato con la Prima guerra mondiale. Società ed economia dal 1915 al 1922”.

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L’Italia in crisi sistemica e le incombenti vicende internazionali
Il panorama che presenta la scena politica italiana in queste ultime settimane pone in evidenza un’accelerazione della sua crisi sistemica che si aggiunge a un quadro internazionale sempre più complicato: dalle tensioni americano-russe che tendono a coinvolgere l’Europa in contrasto con i propri interessi all’acuirsi nel vicino Oriente delle lotte interne nell’islamismo tra sciiti e sunniti; dalla continua espansione dell’ideologia politico-religiosa dell’Islam al dilatarsi dei fenomeni migratori tra l’Africa e l’Europa mediterranea e alle analoghe vicende che interessano le terre del Sud-est asiatico.
Questo quadro internazionale richiede sempre di più – da parte dei mezzi di informazione italiana e soprattutto da parte di quelli che effettuano analisi e dovrebbero indicare orientamenti e comportamenti – un’attenzione continua al fine di creare i presupposti non solo per una autentica politica estera europea, ma anche per una più impegnata partecipazione decisionale dell’Italia ad essa. Il CESI dovrà particolarmente impegnarsi nei prossimi mesi su questi problemi mondiali.
Intanto il numero attuale de Il Sestante affronta alcuni precedenti storici nazionali a carattere socio-sindacale e politico-istituzionale considerandoli importanti per le valutazioni che debbono essere conformi alla verità dei fatti. Bisogna tenere sempre presente che le forzature nelle analogie che sembrano simili, sono altrettanto pericolose quanto quelle relative ad una radicale diversità interpretativa delle vicende che sembrano differenti. In altre parole è necessario avere il senso del cambiamento e dei relativi diversi comportamenti pur mantenendo fermi principi e valori che comunque non possono sempre avere le stesse modalità esplicative. (g.r.)

SOMMARIO

- Nel 65° anniversario della Cisnal, oggi Ugl. Sindacalismo nazionale e nuova sovranità italiana nell’Europa unita. Sommario: 1° – Attualità del sindacalismo nazionale. 2° – Gli organismi internazionali condizionanti lo sviluppo dell’Italia. 3° – La finalità degenerativa cui pervengono gli enti del “finanzialcapitalismo”. 4° – L’Ugl aveva previsto e denunciato la “globalizzazione anarchica”. 5° – I nuovi compiti del sindacalismo: battersi per una moderna socialità nazionale nell’Europa unita.

- Le forzature storiografiche non giovano alla radicale modifica dell’attuale sistema politico. L’impossibile analogia della crisi italiana odierna con le vicende postrisorgimentali di Vincenzo Pacifici

- Il problema epocale della migrazione dei disperati. L’Europa non è ancora all’altezza dei suoi compiti storici di Innocenzo Cruciani

- “I Libri del Sestante”. Rassegna di novità librarie a cura di Mario Bozzi Sentieri

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Les Expulsés: un milione di civili tedeschi uccisi nell’indifferenza”

La traduzione in francese dell’opera di R.M. Douglas, “Les Expulsés”, è ormai disponibile presso la casa editrice Flammarion. L’autore americano ritorna su uno dei grandi crimini di massa del XX secolo: la deportazione e la messa a morte da parte degli Alleati dei civili germanofoni subito dopo la Seconda guerra mondiale.
In totale 14 milioni di persone espulse dalla Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia…”La maggor parte erano donne e ragazzi minori di 16 anni”, sottolinea lo storico. Al termine del cammino, la morte nei campi di concentramento, sulle strade europee dell’esodo o nei carri bestiame. E’ “uno dei più grandi episodi di violazione dei diritti umani della storia moderna”, scrive R.M. Douglas.
Egli calcola una stima minima di 500.000 vittime ed una massima di 1,5 milioni di morti. Il professore di storia contemporanea all’università Colgate (New York) ricorda le sofferenze che “ebbero luogo alla luce del sole, sotto gli occhi di dozzine di migliaia di giornalisti, diplomatici, lavoratori umanitari e osservatori vari”. Il libro presenta i meccanismi di questa espulsione di massa, l’arcipelago dei campi di concentramento, le conseguenze delle espulsioni in materia di diritto internazionale ed il ruolo sotto-stimato degli Alleati in questa epurazione su vasta scala.
Questi sradicamenti brutali e mortali sono oggi quasi completamente dimenticati fuori dalla Germania. Fanno parte della lunga lista dei crimini contro l’umanità perpetrati dai Britannici, Americani e Sovietici durante gli anni ’40. Anthony Beevoir, nella sua ultima opera, “La Seconda Guerra mondiale”, consacra per esempio un intero capitolo ai “bombardamenti strategici” degli Alleati che fecero più di 300.000 morti tra il 1942 2d il 1945. Lo scopo: radere al suolo le città tedesche (Colonia,Amburgo,Dresda…) ed uccidere il massimo dei civili. Questa politica di terrore lanciò 1.350.000 tonnellate di munizioni sulla Germania.Ossia come potenza l’equivalente di 25 volte la bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945…
“Abbiamo ucciso cinque o sei milioni di tedeschi e prima della fine della ne uccideremo un altro milione…c’è quindi abbastanza posto nella Germania occidentale per quelli che saranno espulsi.” W. Churchill a Yalta, 7 febbraio 1945 Per inciso, W C. si riferisce a Civili Tedeschi.

Quando questo libro venne pubblicato per la prima volta alla fine degli anni Ottanta, il mondo rimase sconvolto e il suo autore venne attaccato da più parti per aver raccontato il destino di oltre 790mila soldati tedeschi morti nei campi di prigionia francesi e americani e di oltre 500mila scomparsi nei campi sovietici. Ma l’autore ha continuato a raccogliere testimonianze e documenti che non solo confermano ciò che è stato pubblicato nella prima edizione ma ampliano il tragico scenario delle morti di massa dei soldati tedeschi che si erano arresi alle truppe alleate. Un libro destinato a scatenare un violento dibattito.

Alla fine della seconda guerra mondiale almeno quattro milioni di soldati tedeschi furono tenuti prigionieri nei campi francesi ed americani all’aperto, esposti alle intemperie, mancando delle più elementi strutture igienico-sanitarie, sottonutriti, ben presto cominciarono a soffrire di fame e malattia.Si trattava di soldati arresisi dopo l’8 maggio 1945, ad essi vanno aggiunti i civili, donne bambini ed anziani. Morirono nell’indifferenza delle autorità francesi ed americane. Queste morti,intenzionalmente volute e causate dagli ufficiali che avevano risorse sufficienti per mantenere in vita i prigionieri e che negarono, sono registrate come “Altre perdite”, nella realtà un crimine di guerra (perchè si voleva perpetuare l’annientamento del popolo tedesco ben oltre la fine delle ostilità) e contro l’umanità.
L’ICRC ( Comitato Internazionale della Croce Rossa con sede a Ginevra), negli anni ’80, rifiuta di rilasciare documenti essenziali ai ricercatori che stanno lavorando sui campi americani e francesi. In compenso, consente al altri ricercatori di accedere agli archivi per cercare materiale sui campi nazisti. Salvo poi renderli inaccessibili ,vedasi il caso dell’archivio del Servizio internazionale di ricerche dipendente dalla Croce Rossa Internazionale, ad Arolsen, in Germania; allorchè in uno dei processi contro Ernst Zuendel, il prof. Robert Faurisson aveva fatto richiesta esplicita di consultarli e renderli pubblici. Perchè rimettere la Vulgata in discussione e complicarsi la vita?
Meglio, molto meglio, sbarrare a tutti le porte dell’archivio e affidarne le chiavi ad un certo numero di Stati: tra questi “l’unica democrazia del Medio Oriente”. Chiusura obbligata e chiavi in mani sicure.
Ma è troppo presto per recitare il de profundis per i ricercatori storici seri. Legge o non legge

Una nuova edizione riveduta del saggio che ha fatto conoscere un evento senza precedenti nella storia del mondo civile: l’esodo di centinaia di migliaia di civi…li tedeschi che nell’inverno del 1944 fuggirono verso Occidente nel disperato tentativo di sottrarsi all’Armata Rossa lanciata in direzione di Berlino. Erano gli abitanti delle regioni orientali del Reich, nella quasi totalità donne, vecchi, bambini e, mischiati a loro, sfollati in quelle zone, fuggiaschi dei Paesi baltici, prigionieri di guerra. Chi non ebbe fortuna cadde in mano nemica. Fu, per quella gente inerme, l’inizio di un calvario che si prolungò oltre la fine del conflitto: alle atrocità, alle deportazioni in terra sovietica, seguirono i campi di concentramento, le spoliazioni da parte di polacchi e di cechi e, infine, la drammatica espulsione dalle loro terre per decisione alleata.

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