Author: marsen

E’ a disposizione degli studiosi il volume curato dal ricercatore nettunese Pietro Cappellari “Marciare su Roma”. Atti del Convegno di Studi Storici del Comitato Pro 90° Anniversario della Marcia su Roma.

Lo studio presenta al pubblico tutti gli interventi dell’incontro di Perugia del 27-28 Ottobre 2012. Un totale di 582 pagine, 31 interventi, 30 importanti esponenti della cultura nazionale coinvolti in quello che è, a tutt’oggi, il più interessante lavoro sulla Marcia su Roma mai pubblicato, che non solo sfata le falsità della vulgata antifascista, ma riesce a fornire al lettore dati ed interpretazioni nuove su quel fenomeno epocale che fu il fascismo sansepolcrista e l’insurrezione dell’Ottobre 1922.

Il libro coordinato da Pietro Cappellari in qualità di Responsabile culturale del Comitato Pro 90° Anniversario della Marcia su Roma, presenta al lettore un innovativo quadro generale del periodo 1919-1922 accompagnato da approfondimenti regionali specifici affidati a studiosi del territorio di riferimento.

La Marcia su Roma, infatti, non fu quell’atto insurrezionale concretizzatosi nel giro di pochi giorni ma, in realtà, una lunga marcia per la conquista del potere iniziata da Benito Mussolini in quel lontano 23 Marzo 1919 quando, con pochi reduci di guerra e rivoluzionari di sinistra, fondò a Milano i Fasci Italiani di Combattimento.

Il volume passa, quindi, in rassegna il Biennio Rosso, la reazione antisocialista degli squadristi, il “nuovo” fascismo che macina consensi nella società italiana, tra la borghesia, come tra il proletariato. Infine, la sconfitta “sul campo” dei socialisti e la proiezione rivoluzionaria degli squadristi che, nell’Estate-Autunno 1922, si concretizzerà in un progetto eversivo dello Stato liberale e democratico.

Quella che sarà poi chiamata la Rivoluzione fascista sarà una sperimentazione continua di soluzioni innovative che, abbattute le ideologie, pose la costruzione di uno Stato moderno al centro della sua proposta politica. Una proposta politica scaturita tra le trincee della Prima Guerra Mondiale, maturata in oltre tre anni di scontri di piazza in difesa dei valori nazionali contro una classe politica corrotta e incapace e contro l’avanzante marea socialista. Una proposta politica che, passando da Fiume dannunziana, provocò l’insurrezione nazionale e popolare dell’Ottobre 1922 e la successiva costituzione del Regime fascista. Una proposta politica che ebbe nel consenso di gran parte della popolazione italiana la sua più forte arma.

Il tomo contiene sia ricostruzioni storiche degli eventi con preziosi articoli di Franco Morini, Giovanni Bartolone, Carlo Montani, Massimiliano Soldani e Stelvio Dal Piaz, sia analisi politiche su quanto avvenuto affidate alle sapienti penne di studiosi del calibro di Gabriele Adinolfi, Maurizio Rossi e Luca Leonello Rimbotti. Fanno parte della “squadra” giovani neolaureati e diversi ricercatori della Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (AR) che non hanno fatto mancare il loro importante contributo al volume.

Il tomo presenta anche uno studio sui caduti e le vittime dell’insurrezione fascista del 27-31 Ottobre 1922. Per la prima volta è stato possibile conoscere i nomi dei caduti – da una parte e dall’altra – con statistiche ed elaborazioni grafiche curate da Pietro Cappellari che, con una ricerca negli Archivi di Stato e Comunali, nonché con escursioni sui luoghi degli eventi, ha potuto ricostruire nei dettagli cosa avvenne realmente in quei giorni.

Chiude il volume, una carrellata sui monumenti ai Martiri fascisti in Italia affidata all’Architetto Paolo Camaiora, uno dei più importanti studiosi dell’architettura fascista degli anni ’30.

Siamo sicuri che con questa opera si è riscritto un capitolo importante della storia della nostra Nazione e che nessuno studio sulle origini del fascismo potrà fare a meno di quanto contenuto in questo prezioso volume.

Primo Arcovazzi

In uno dei precedenti articoli avevo ricordato che la Rai (per la quale pago un truffaldino canone, ma penso di non pagarlo più) da qualche tempo ha scatenato una nuova offensiva contro il fascismo e il suo capo, avvalendosi di storici, almeno così si presentano sugli schermi (per me sono dei semplici ciarlatani, anche se ben pagati). Con questo articolo desidero presentare il pensiero su quel fenomeno dello scorso secolo di alcuni personaggi.  Da dove inizio? E se cominciassi da quello che considero un furbesco falso problema: l’articolo 18? Quanto avrei da scrivere sull’argomento, ma invito i lettori (almeno quelli che hanno un minimo di conoscenza storica) di andare a consultare i contenuti della Carta del Lavoro presentata il 21 aprile 1927, quindi quasi un secolo fa. Con questa Carta Benito Mussolini presentava PER LA PRIMA VOLTA AL MONDO i più equilibrati rapporti fra il lavoratore e il datore di lavoro. Quindi dico: ma che andate a cianciare con l’articolo 18, vera presa per il ci u elle o dei lavoratori (quanno ce vò ce vò!).

Tanta gente del popolo si lamenta che questo sistema ha fallito e che deve essere cambiato. Abbiamo un nuovo sistema che sostituisca questo marciume? Lo Stato Corporativo che se ha bene funzionato allora perché non riproporlo? Perché manca l’Uomo? Certamente un altro Uomo del valore del Male Assoluto nasce raramente, ma, dal mio punto di vista non abbiamo altra soluzione. Dello stesso parere è anche il professore di Scienze Politiche, ebreo, dell’Università di Gerusalemme Zeev Sternhell, il quale con queste parole illustra le caratteristiche dello Stato Corporativo: <Il Fascismo fu una dottrina politica un fenomeno globale, culturale che riuscì a trovare soluzioni originali ad alcune grandi questioni che dominavano i primi anni del secolo(…). Le ragioni dell’attrazione esercitata dal Fascismo su eminenti uomini della cultura europea, molti dei quali trovarono in esso la soluzione dei problemi relativi al destino della civiltà occidentale>. Ė superfluo ricordare che Sternhell si riferiva ai problemi relativi alla crisi congiunturale nata nel 1929, la quale a detta di molti economisti fu più grave di quella che stiamo vivendo. Debbo aggiungere che lo Stato Corporativo era il passaggio obbligato per giungere alla Socializzazione dello Stato, come era nel programma mussoliniano e questo fu uno dei motivi – ripeto UNO dei motivi – per cui i fascismi dovevano essere eliminati, costringendoli alla più grande tragedia che l’umanità abbia mai conosciuto: la Seconda Guerra Mondiale, checché sostengano i quaquaraquà di Rai bufala.

Ed ora vogliamo dare uno sguardo al dramma della disoccupazione? Oggi questo disgraziatissimo Paese con circa 55 milioni di abitanti lamenta una disoccupazione ben sopra i 3 milioni di disoccupati. Con il Male Assoluto al governo, in piena crisi congiunturale e con una popolazione di 45 milioni di abitanti, presentava una disoccupazione di circa 810 mila disoccupati, e siamo nel 1932-33.

E con l’attuale crisetta? C’è un volume, oggi praticamente introvabile, L’Economia Italiana tra le ue Guerra, edito sotto l’alto patronato di Sandro Pertini e composto dal Comitato d‘Onore di Nilde Jotti, Francesco Cossiga, Bettino Craxi ecc. ecc. (non so se mi spiego!!!), dove a pag. 137, possiamo leggere: <L’onda d’urto provocata dal risanamento monetario non colse affatto di sorpresa la compagine governativa (per capirci bene cari “quaquaraquà, quella guidata da Mussolini), con provvedimenti di varia natura, attenuarono, dove possibile i conseguenti effetti negativi soprattutto nel mondo della produzione (…). Permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizioni di sanità generale la grande depressione mondiale del 1929 (…)>. Per capirci meglio possiamo ricordare che negli anni fra il ’25 e il ’30, soprattutto grazie alla guida di Antonio Mosconi, i conti nazionali registrarono attivi da primato. Proprio come oggi, vero quaquaraquà di Rai/bufala?

Visto quel che è accaduto a Genova – ma sappiamo bene che l’alluvione della città ligure è solo la punta dell’iceberg – diamo uno sguardino come al tempo del male assoluto venivano affrontate le calamità. Su questo tema debbo fare una breve premessa.

La notte del 23 luglio 1930 uno dei terremoti più devastanti (6,5 Scala Richter) che la nostra storia ricordi colpì vaste aree della Campania, del Sannio, della Lucania e del Subappennino pugliese: all’incirca, cioè, quelle stesse zone colpite dal sisma del novembre 1980 (6° grado Scala Richter).

(altro…)

Dal 2000 ad oggi i cristiani vittime di persecuzioni da parte di regimi islamici e comunisti (soprattutto la Cina) sono stati 160 mila all’anno: una cifra incredibile. Ogni cinque minuti un cristiano viene ucciso a causa della propria Fede. Tutto ciò non può essere accettato, perché costituisce un’offesa non soltanto a Dio, ma alla dignità umana; senza contare che essa rappresenta una serissima minaccia alla sicurezza e alla pace.

Sebbene la Repubblica Popolare Cinese continui a dichiararsi un Paese ateo, in realtà esso conta al suo interno una popolazione religiosa costituita da ben 540 milioni di individui (su un totale di 1 miliardo e 300 milioni di abitanti) dei quali, tuttavia, soltanto 300 milioni dichiarerebbero apertamente la propria fede per non incorrere in discriminazioni da parte dello Stato. Nonostante l’articolo n. 36 della Costituzione consenta a tutti i cittadini di esercitare “libertà di credo”, in questo vasto Paese l’essere professanti costituisce ancora un handicap di non poco conto, un effettivo status di ‘diversità’ che può precludere il beneficio dei più elementari diritti umani. Una situazione dolorosa e paradossale se si considera che a partire dagli anni Novanta in Cina nessuno crede più al mito del comunismo. E mentre il patrimonio culturale del socialismo maoista si sgretola di fronte all’epocale mutazione capitalista di questo immenso Paese, i vertici di Pechino si trovano a dovere fronteggiare – spesso con la violenza – una temuta realtà, fino ad appena un decennio fa totalmente inimmaginabile, cioè la spontanea rinascita tra le masse – disgustate dalla crescente corruzione delle istituzioni e deluse dal tradimento degli impossibili ideali di giustizia sociale predicati per decenni dallo stato materialista – del sentimento religioso. Quello che oggi reclamano milioni di giovani cinesi, soprattutto giovani, assetati non soltanto di facile e aleatorio benessere materiale, ma anche di dignità e autentica giustizia.

Alberto Rosselli  è un giornalista e saggista storico che ha collaborato e collabora da tempo con numerosi quotidiani italiani ed esteri e con svariati siti internet tematici di storia, etnologia, storia militare e diplomatica e geopolitica. Rosselli ha al suo attivo alcune opere di narrativa e diversi saggi tra cui Québec 1759, Il Conflitto anglo-francese in Nord America 1756-1763 (tradotto anche in lingua inglese), Il Tramonto della Mezzaluna – L’Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, La resistenza antisovietica in Europa Orientale 1944-1956, L’Ultima Colonia – la guerra coloniale in Africa Orientale Tedesca 1914 – 1918; Il Ventennio in Celluloide (in collaborazione con Bruno Pampaloni); Sulla Turchia e l’Europa; L’Olocausto armeno; Storie Segrete della Seconda Guerra Mondiale; Il Movimento panturanico e la ‘Grande Turchia’ e La persecuzione dei cattolici nella Spagna repubblicana 1931-1939, La persecuzione dei cristiani in Cina, La Guerra Civile in Cina 1927-1949, La Guerra Civile Greca 1944-1949, L’America che non fu; L’aviazione Ottomana durante la Prima Guerra Mondiale; Nei cieli e sugli Oceani (storie di aviatori e marinai italiani); L’epopea dei convogli e la guerra nel Mare del Nord (in collaborazione con Gabriele Faggioni); Le operazioni aeronavali nel Mar Ligure 1940-1945 (in collaborazione con Gabriele Faggioni).Attualmente Alberto Rosselli è Direttore responsabile della Rivista bimestrale Storia Verità (www.storiaverita.org).

 

L’Istituto Carlo Alberto Biggini, con tutti i suo soci e sostenitori, si stringe con affetto al Presidente Gaetano Rasi, partecipando sentitamente al dolore per la perdita dell’adorata moglie Claudia

 

SOCIETA’ LIBERA PRESENTA IL VOLUME

STATO E CRIMINALITA’
Un rapporto non sempre dicotomico
Mercoledi 22 ottobre 2014, ore 18
Senato della Repubblica
Palazzo Giustiniani
Sala Zuccari
Via della Dogana Vecchia, 29
Le Mafie esistono, sono una realtà, una seria realtà, si muovono coerentemente con i
propri criminosi obiettivi, fanno il loro lavoro.
Ma siamo altrettanto certi di poter affermare le stesse cose sul contrasto da parte dello
Stato e delle sue articolazioni periferiche?
Sedici saggi sul ruolo che lo Stato dovrebbe assumere nel contrasto alla criminalità
organizzata, che non vogliono essere di denuncia né di constatazione dell’ovvio, né
ripetitivi di luoghi comuni, ma far ragionare sul fenomeno mafioso, interrogare, avanzare
dubbi, prospettare soluzioni, pungolare gli addetti ai lavori, in un’espressione essere
politicamente scorretti.
IL VOLUME RACCOGLIE I SAGGI DI: Jacopo Armini, Vincenzo Boccia, Antonio Calabrò,
Luigi De Sena, Stefania Fuscagni, Maria Carmela Lanzetta, Marco Marchese, Angela Napoli,
Vincenzo Olita, Riccardo Pedrizzi, Giuseppe Quattrocchi, Franco Roberti, Alfonso Ruffo,
Ernesto U. Savona, Alberto Vannucci, Luigi Varratta.
L’accesso alla sala è consentito fino al raggiungimento della capienza massima
Vi è l’obbligo di giacca e cravatta
INTRODUCE
Luigi De Sena , già Vicepresidente Commissione bicamerale Antimafia
NE DISCUTONO
Vincenzo Boccia, Presidente Comitato Credito e Finanza di Confindustria
Andrea Marcucci, Presidente Commissione Cultura del Senato
Riccardo Pedrizzi, Consiglio Direttivo di Società Libera
Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia
Organizzazione e informazioni:
Società Libera
info@societalibera.org

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Martina Mussolini, V Capo dell’Ordine dell’Aquila Romana, ha riconosciuto a Leone Mazzeo il privilegio araldico del Capo del Littorio. Primo nell’ordine di concessione.

Il Capo del Littorio è un privilegio araldico istituito con Regio Decreto Legge n. 1440 il 12 Ottobre 1933. Prevede che lo stemma araldico di riferimento sia modificato con l’aggiunta di un “capo” raffigurante un fascio littorio d’oro circondato da due rami di quercia e d’alloro, annodati da un nastro dai colori nazionali, il tutto su sfondo rosso (porpora).

Di norma concesso alle Province, ai Comuni, alle Congregazioni di carità e agli Enti parastatali del Regno d’Italia, venne concesso anche ad altri enti riconosciuti e a privati che, per servizi eminenti resi alla Patria ed al Re, ne fossero stati giudicati meritevoli. La concessione era disposta con Decreto Reale, su proposta di S.E. Benito Mussolini nella sua qualità di Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, udito il Commissario del Re presso la Consulta araldica.

Il Capo del Littorio – dal simbolo araldico degli enti statali e parastatali – venne, poi, abrogato nel Regno d’Italia dal Luogotenente Umberto di Savoia, col Decreto Luogotenenziale n. 394 del 10 Dicembre 1944, rimanendo in vigore nel solo territorio della Repubblica Sociale Italiana.

L’Ordine dell’Aquila Romana, soggetto di diritto internazionale, nel 70° anniversario della sua fondazione (2 Marzo 1944-XXII), confermando gli ideali repubblicani d’ispirazione, ha rinnovato l’uso del Capo del Littorio disciplinandone l’uso e riconoscendone l’attribuzione a coloro che, membri dell’Ordine, si siano particolarmente distinti nell’opere e nei servizi resi alla Patria durante la loro vita.

Il primo decreto di concessione è stato riservato a uno dei più alti dignitari dell’Ordine dell’Aquila Romana: Leone Mazzeo-Gambarelli e ai suoi legittimi eredi. La famiglia Mazzeo, infatti, ha servito la Patria da generazioni, distinguendosi nel sacrificio silenzioso in nome di alti ideali nazionali.

Il nonno fu combattente in Libia (1911-1912), partecipò alla Grande guerra (1915-1918), alla
Marcia su Roma con le unità di Cavalleria di Giuseppe Caradonna e, nel Ventennio, fu Podestà. Durante l’occupazione angloamericana della nostra Nazione fu imprigionato nel Campo di concentramento “371 P.W. Camp” di Padula.

Il padre fu tre volte Volontario di Guerra: in Africa Orientale (1935-36), in
Africa settentrionale (1940-42) e nella R.S.I. (1943-45). Per la sua qualifica di combattente volontario credente nei destini della Patria fu anche condannato a morte da un improvvisato Comitato di Liberazione Nazionale. Nel dopoguerra, rivestì la carica di Segretario Provinciale dell’Unione Nazionale Combattenti della RSI.

La madre, invece, fu Ausiliaria della Brigata Nera “Cortesi” di Bergamo e, nel dopoguerra, fu
tenuta prigioniera nel Carcere di S. Agata di Bergamo, fino a Marzo del 1947, con l’accusa di aver “troppo amato” la Patria.

Leone Mazzeo-Gambarelli non è stato di certo meno valoroso dei sui ascendenti, tanto che il suo impegno pubblico, in Italia come all’estero, in difesa dei valori della Tradizione e della Patria non si può certamente riassumere in poche righe. Così come numerosi sono stati i riconoscimenti nazionali ed internazionali “conquistati sul campo”.

Sebbene la “dittatura anagrafica” gli ha imposto solo il privilegio di vestire i panni di Figlio della Lupa, già nel 1956 Leone Mazzeo era Segretario provinciale giovanile del Movimento Sociale Italiano e, successivamente, Presidente provinciale della Giovane Italia. Nel 1958 la sua adesione al Centro Studi “Ordine Nuovo” come attivo militante, tanto da essere investito, già nel 1960, della Presidenza provinciale.

La militanza con Ordine Nuovo si interruppe tra il 1964 e il 1966 quando fu Volontario e combattente anti-comunista in Africa equatoriale (Congo belga), con la
Brigata “Vanderwalle”, dapprima con il grado di Luitenant (Tenente) ed in seguito, per atti di valore sul campo, Kapitein (Capitano).

Tornato in Italia, nel 1969 sarà con Lello Graziani, Roberto Besutti ed Elio Massagrande tra i fondatori del Movimento Politico “Ordine Nuovo”. La sua militanza in questo movimento sarà il motivo scatenante del ciclone giudiziario che, fin dal 1973 lo vedrà coinvolto per lunghi anni, fino alla sua completa riabilitazione morale.

Più recentemente, Leone Mazzeo si è distinto per l’opera profusa nell’Ordine dell’Aquila Romana di cui è uno dei più importanti esponenti, conosciuto e stimato anche all’estero.

casoratiGrande e commossa partecipazione, sabato scorso, al funerale di Dario Casorati. Oltre a parenti, amici del rugby e dell’hockey, vicini di casa e gente del quartiere, erano presenti una trentina di fieri paracadutisti con il loro basco amaranto, altrettanti ex militanti della Giovane Italia del Movimento Sociale Italiano, delegazioni ufficiali della gloriosa ANAI (Associazione Nazionale Arditi d’Italia) e dell’Ordine dell’Aquila Romana, rappresentanti del sindacato nazionale UGL (Unione Generale del Lavoro) e tanti camerati di generazioni diverse.

Il feretro era circondato da tre bandiere tricolori (una nazionale, una storica della Repubblica Sociale Italiana ed una dei Parà del Secondo Plotone Avvoltoi) e dallo storico labaro della Federazione milanese del MSI.

Il conte Alessandro Romei Longhena, estremamente commosso per la dipartita dell’amico di una vita e camerata di tante battaglie, ha letto la preghiera dei paracadutisti, lanciato il saluto della Folgore e chiamato il Presente.

Sono intervenuti esponenti politici di Fratelli d’Italia, della Lega Nord, di Progetto Nazionale, di Patria Sociale e Attilio Carelli, segretario nazionale della Fiamma Tricolore, movimento al quale Dario Casorati era orgogliosamente iscritto.

Dopo la cerimonia religiosa ed i saluti militari, i camerati hanno dato l’estremo saluto a Dario, come voleva lui, con un brindisi, con gli occhi lucidi ed il sorriso sulle labbra, nella certezza che continuerà a marciare in spirito al loro (nostro) fianco, come recita una vecchia canzone che amava sempre cantare.

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