Author: marsen

Come preparare una futura e dotata classe politica
Il 2014 è stato un anno in cui si sono presentati insieme moltissimi dei nodi cruciali dello sviluppo non solo
italiano ed europeo, ma anche di tutta l’umanità. In tale contesto vanno affrontate adeguatamente e con ampia visione
le soluzioni da proporre. Naturalmente man mano che si effettuano le indagini accrescono le esigenze di aumentare,
oltre che le tematiche, anche il numero degli esperti che le debbono trattare. Di qui l’appello che il CESI fa perché si
allarghi costruttivamente il numero dei collaboratori.
Il nostro Centro Studi, come sua impostazione essenziale (e naturalmente anche statutaria), non intende affatto
essere prodromo a una corrente partitica né tanto meno ad un partito. La situazione attuale dei sistemi di formazione
della classe dirigente non è ancora matura per esprimere autentici, capaci e competenti attori operanti direttamente in
politica, mentre quelli esistenti difficilmente potranno “convertirsi”, secondo le particolari esigenze storiche, per
riprendere un cammino sulla base di principi e valori, pur attualissimi, ma non ancora divenuti progetti politici
alternativi, ossia bandiere che possano essere impugnate da adeguate organizzazioni e consapevolezze.
La peculiarità della condizione europea e la persistenza di superate impostazioni vetero-liberiste emergono
nel primo scritto di questo numero de Il Sestante riguardante gli errori europei e l’incomparabilità fra i dati statistici
riferiti ai diversi gradi di sviluppo delle varie aree mondiali. Di particolare attualità ed importanza è l’articolo di
Mario Bozzi Sentieri riguardante la mancanza di una politica industriale quale emerge, fra le altre, dalla crisi
siderurgica nazionale. Interessante l’articolo del prof. Vincenzo Pacifici che, nell’ambito del 25° anniversario
dell’abbattimento del Muro di Berlino, compie acute riflessioni sui diversi significati che nel corso della storia hanno
assunto i diaframmi posti di volta in volta fra i popoli.
Alla Rubrica “I libri del Sestante”, Rassegna di novità librarie a cura di Mario Bozzi Sentieri, si affianca
quella dal titolo “Segnalazioni”, nella quale vengono riporti integralmente testi o brani usciti dalla stampa quotidiana.
In questo numero vengono trascritti i pungenti e stimolanti commenti del filosofo e giornalista Marcello Veneziani,
pubblicati su Il Giornale, riguardanti il superamento della consistenza, oltre che dei concetti, delle posizioni
denominate “destra” e “sinistra”; inoltre vengono riportate le considerazioni che pongono in luce la superficialità
della riforma del Senato su base grettamente regionalista individuata dal Condirettore de Il Fatto Quotidiano, Marco
Travaglio (g.r.).

SOMMARIO
– L’economia internazionale dopo il G20 di Brisbane . Gli errori europei e l’incomparabilità con i dati del
resto del mondo di Gaetano Rasi
– È tempo di una nuova politica industriale. La protesta degli operai di Terni deve riportare al centro del
dibattito il tema della produzione siderurgica nazionale di Mario Bozzi-Sentieri
– Riflessioni a proposito del 25° anniversario dell’abbattimento del Muro di Berlino. I diversi significati storici
delle grandi paratie di separazione tra i popoli di Vincenzo Pacifici.
– RUBRICHE
I Libri del Sestante: Rassegna di novità librarie a cura di Mario Bozzi Sentieri.
Segnalazioni: Articoli significativi da non trascurare a cura di Gaetano Rasi
Dalla consueta nota “impertinente” Cucù: La destra è un gas nobile di Marcello Veneziani.
Delrio: l’inventore del Senato dei delegati regionali autonominantisi: Bombe d’aria di Marco Travaglio.

Clicca qui per scaricare il bollettino completo

segretoitaliaIl 18 Novembre 2014, a Roma, nell’importante cornice del Teatro Adriano, si è tenuta la prima de Il segreto di Italia, alla presenza del pubblico delle grandi occasioni, tra cui spiccava la protagonista Romina Power, radiosa un’affascinante abito serale.
Il film di Antonello Belluco ha subìto una lunga e travagliata gestazione, tra divieti e minacce, che hanno sconvolto non solo il normale lavoro di produzione, ma anche messo in serio dubbio la riuscita del progetto. Il tenace regista, tuttavia, ha incredibilmente perseverato ed ha compiuto un vero e proprio miracolo, facendo proprio l’antico detto: “Parlerò anche se l’Inferno stesso si spalancasse per ordinarmi di tacere”. E l’Inferno si era aperto, ordinando di tacere… Tutta l’intellighenzia italiana – quella che si spartisce i soldi pubblici, si intende – è insorta contro quello che era da considerarsi un reato di “lesa maestà”. La fasciofobia ha di nuovo annebbiato le menti di professori e politici, condannando il progetto cinematografico alla consunzione per mancanza di fondi, minacciando tecnici, comparse e attori che volevano condividere il “percorso belluchiano”.
Mobilitando amici e le coscienze di chi credeva fermamente in quel progetto, Belluco è riuscito a produrre un lungometraggio straordinario, che supera di gran lunga le “telenovele” blasonate del cinema italiano (quelle, per intenderci, che – prive di contenuti, ma ricche di “bambole gonfiate” – divorano voracemente i contribuiti statali per la cinematografia). Si è registrata una mobilitazione di popolo, quella comunità che, il 18 Novembre, si è stretta con affetto e stima intorno al regista e ai suoi “ragazzi”. Quella comunità che ha permesso la realizzazione del film.
Ma cosa poteva contenere di così scandaloso Il segreto di Italia, tanto da mettere al bando dalla “società che conta” chiunque avesse osato collaborare con il maestro Belluco? Cosa ha scatenato quell’incredibile “epidemia” che ha fatto fuggire chi pure aveva, in prima battuta, accettato di lavorare con il coraggioso e determinato regista? Nulla. In un’Italia dove anche la pornografia è considerata un’“arte” e le perversioni sono il simbolo del progresso, il lungometraggio belluchiano aveva la “colpa” di raccontare una storia d’amore all’ombra di una delle più efferate stragi partigiane del dopoguerra: quella di Codevigo. Un massacro che doveva essere per sempre dimenticato. Eppure Il segreto di Italia non è un documentario, non è un film storico né di guerra, ma una “semplice” pellicola drammatica che, uscendo fuori dal dorato percorso del politicamente corretto, riportava alla luce una triste vicenda italiana che molti – moralmente complici – volevano cancellare.
Dopo il 28 Aprile 1945, crollato il fronte e ritiratisi i reparti italo-tedeschi, Codevigo venne occupata dall’8a Armata britannica, alle cui dipendenze operava il Gruppo di Combattimento “Cremona” e alcune bande partigiane, tra cui la 28a Brigata Garibaldi “Mario Gordini” al comando di Arrigo “Bulow” Boldrini, già Ufficiale della Milizia fascista. Quello che avvenne nei giorni successivi nella zona di Codevigo, ancor oggi, non ha responsabili. Si sa solo che in questa regione si scatenò una indiscriminata caccia al fascista che si trasformò in una delle più feroci mattanze che la storia d’Italia ricordi: quando nei primi anni ’60 fu possibile recuperare i corpi degli uccisi seppelliti in anonime fosse comuni, si contarono 136 cadaveri, di cui solo 114 vennero riconosciuti. Di decine di altri scomparsi in quei giorni di sangue non fu possibile ritrovare nulla, dispersi nelle campagne, trascinati via dai fiumi, inghiottiti dal “muro di gomma” che ha sempre circondato, con un’omertà diffusa, la strage antifascista.
Il segreto di Italia ci permette di riflettere, a tanti anni di distanza dall’impunito eccidio, sulla Resistenza, su cosa avvenne a Codevigo dopo la fine della guerra, contro gente disarmata cui nulla poteva essere imputato, se non la fede nella propria Patria e a un’idea. Ma non è un film storico, la sua impostazione è su un quadro di riferimento diverso, dove la strage – sebbene centrale – rimane sullo sfondo di una straordinaria storia d’amore, quella che lega la giovane Italia (Gloria Rizzato) al fascista Farinacci (Alberto Vetri) e questi ad Ada (Maria Vittoria Casarotti Todeschini), moglie di un eroe della Regia Aeronautica disperso in Grecia, fuggita da Fiume ormai in balia degli slavo-comunisti. L’amore è presentato nel suo aspetto più puro, senza mai una sbavatura o una volgarità. Ci si innamora del sorriso della quindicenne Italia, degli sguardi straordinari di Ada, del volto pulito di Farinacci. La loro interpretazione è a dir poco magnifica, trasmettendo allo spettatore una miriade di sentimenti e di passioni che lo rapiscono e lo accompagnano per tutto il film. Quello che più colpisce, non è solo il coraggio e il tratto con cui Belluco dipinge la strage partigiana non dimenticando, ad esempio, il martirio della maestra Corinna Doardo. Si rimane impressionati dal talento degli attori, dalle loro interpretazioni a dir poco perfette. Mai una nota stonata, mai una caricatura: Fabrizio Romagnoli, Andrea Pergolesi, Valerio Mazzuccato, Giovanni Capalbo, Elisabetta De Gasperi, Amedeo Gagliardi, Monica Garavello e tutti gli altri attori hanno dimostrato una professionalità rara nel panorama cinematografico italiano. Quanto è bello leggere i nomi di attori italiani, in un film italiano!
Alla fine, quello che rimane dentro al cuore, è un leggero dolore. Come il colpo di cannone che, sovente, si ascolta durante la proiezione annunciando l’arrivo della tempesta, dell’odio antifascista. Quel dolore che ho potuto scorgere negli occhi di Stelvio Dal Piaz, che ha rivissuto il momento del triste abbandono di Arezzo insieme al papà, proprio su una Balilla uguale a quella con cui la famiglia di Italia fugge da Codevigo durante la mattanza partigiana. Il dolore che ho visto negli occhi di Giuliana Tofani, figlia di un caduto della Repubblica Sociale

Antonello Belluco con Pietro Cappellari

Antonello Belluco con Pietro Cappellari

Italiana, che ha ripensato a suo padre, alla sua fine, al suo messaggio d’amore per la Patria e l’idea.
Il segreto di Italia è un film da vedere e rivedere, non solo perché il sorriso di Italia (Gloria Rizzato) e gli occhi di Ada (Maria Vittoria Casarotti Todeschini) ci hanno letteralmente rapito. Il lungometraggio ha avuto un merito: quello di dare voce, dopo tanti anni, a chi voce non l’ha mai avuta. Ai caduti della RSI, uccisi ingiustamente fisicamente e, poi, vigliaccamente anche nella memoria collettiva. Di loro non si doveva parlare. Non erano degni di nessun ricordo. E quanto hanno sofferto i parenti delle vittime, aggiunge solo dolore al dolore. Il martirio e il silenzio. Obbligato. Quante sofferenze e quante dure lotte ha dovuto sostenere l’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi della RSI per poter aver almeno un piccolo luogo dove pregare i nostri morti, i morti per l’Italia. Quel piccolo sacrario che, oggi, si può visitare, con il cuore che si stringe, a Codevigo. Tra i nomi incisi sul marmo ecco il S.Ten. Farinacci Fontana, che è anche uno dei protagonisti del film, su cui si posa, come ad accarezzarlo, la mano di un’ormai anziana Italia (Romina Power). Oggi, possiamo dire, che Farinacci – e tutti i caduti nella strage di Codevigo – non sono più soli e hanno una voce. Grazie Antonello, Romina, Gloria, Maria Vittoria, Alberto… e a tutti coloro che hanno permesso questo miracolo, non solo cinematografico.
Pietro Cappellari

L’ISTITUTO CARLO ALBERTO BIGGINI RICORDA NEL 69° ANNIVERSARIO DELLA SUA SCOMPARSA (MILANO 19-11-1945) IL PROF. ON. CARLO ALBERTO BIGGINI CON DUE STRALCI DEL SUO DIARIO DEL 43 CHE SONO PIÙ CHE MAI ATTUALI,E LO STRALCIO DEL DIARIO DI VANNI TEODORANI QUANDO APPRENDE DELLA MORTE DI BIGGINI,IL TESTO DELLA COMMEMORAZIONE DEL 1985 TENUTA DAL PROF. JACOPO LORIS BONOMI,L’ARTICOLO SUL BO’ SCRITTO DAGLI UNIVERSITARI ANTIFASCISTI DI PADOVA SU BIGGINI E ALCUNI RITAGLI DI GIORNALI CHE ANNUNCIANO LA MORTE

2

3

Carlo Alberto Biggini, Rettore Magnifico Università degli studi di Pisa

Carlo Alberto Biggini, Rettore Magnifico Università degli studi di Pisa

 

Carlo Alberto Biggini Ministro dell'Educazione Nazionale

Carlo Alberto Biggini Ministro dell’Educazione Nazionale

Pensiero di Vanni Teodorani, tratto dai suoi diari: ….Circolano incerte notizie sulla morte di Biggini. Pare che sia difficile stabilire la verità giacché il povero Carlo Alberto, ultimo ministro dell’Educazione Nazionale della Repubblica, è stato costretto a morire in strettissimo incognito per evitare di essere sottoposto ad angherie magari durante l’agonia.
Nessuno può essere incolpato di faziosità parlandone bene, anche come uomo di carattere, dopo l’8 settembre, pur dicendosi più che mai affezionato a Mussolini, non si trattenne da esporre esplicite riserve di sapore monarchico e non le ritirò altro che dopo un lungo e per lui esauriente colloquio con il Duce. Nei momenti più torbidi permaneva in lui un idealismo così alto, raro in un uomo politico. Una volta portò al
Duce l’ultima lettera di un giovane di Torino in perfetta buona fede che era stato fucilato dai tedeschi e leggendola gli venivano le lacrime agli occhi e ripeteva “Questi sentimenti, queste cose, glieli abbiamo insegnati noi, questa gente non si deve perdere: sono come noi: Se se ne andassero tutti ci capiremmo subito”. Forse aveva ragione e forse era già troppo tardi.
Un’altra volta eravamo nello studio di Gatti allora segretario particolare del Duce, e tutti e tre parlavamo delle solite storie quando Biggini si accorse che sul muro dietro la scrivania dell’ottimo Gatti v’erano della fotografie dell’incontro di Feltre. A quell’epoca Gatti era federale di Treviso, come tale fungeva da anfitrione. In una soprattutto la furia di Hitler era chiarissima.
Biggini, che era una delle tre o quattro persone al corrente di cosa veramente sarebbe dovuto succedere a Feltre se i tedeschi non si fossero incaponiti a voler perdere la guerra a tutti i costi, senti rinfocolarsi l’antico rimpianto e stendendo il pugno contro la faccia del Fuhrer cominciò sia pur cameratescamente a gratificarlo dei peggiori insulti dicendogli fra l’altro: ” maledetto testone, se davi retta a Mussolini tutto era sistemato, non c’era né 25 luglio, né niente e non ci riducevi così” e avanti di questo passo riducendo sempre più i ragionamenti e moltiplicando gli insulti. Senza volgarità né mancanza di riguardo, ma piuttosto con lo stesso criterio con cui certi feticisti mettono in castigo i loro idoli quando non rigano diritti a far grazie. Noialtri in principio ridevamo poi ci accorgemmo che la cosa era quanto mai seria e mentre Biggini continuava le sue contumelie, il nostro silenzio divenne a poco a poco saturo di consenso. Ma anche questa volta era troppo tardi.
Una sera incontrai Biggini in un albergo di Milano. Ci univa una sincera amicizia frutto probabile di molte comuni vedute. Era tutto sollevato perché approfittando di un anticipato arrivo era stato a veder “La vedova allegra” e le antiche melodie viennesi lo avevano riportato in un mondo migliore cui ogni tanto era riposante tornare, anche se le revolverate di Sarajevo hanno per sempre interrotto lo spensierato valzer. Sembra che sia morto di cancro. Così anche lui che la violenza aveva risparmiato oggi raggiunto il suo Capo che l’aveva particolarmente caro e che si intratteneva lungamente con lui di tutto e su tutto per lunghe ore come un  preferito discepolo.
Forse il Mussolini degli ultimi tempi si fidava e confidava con lui come con nessun altro. Avranno ripreso nelle sterminate praterie la conversazione troncata…..[segue]

Prof. Loris Jacopo Bononi

Discorso del Prof. Loris Jacopo Bononi – 1985

Articolo degli studenti antifascisti di Padova, Il Bò 1945

Il BO' Padova 1945 1Il BO' Padova 1945

Altri ritagli di giornale che annunciano la morte del Prof. Biggini

Il CNADSI, associazione amica alla quale l’AESPI è legata da un protocollo di intesa, ha in programma, come ogni anno, il proprio Convegno Nazionale, arrivato ormai alla LXXI edizione: si svolgerà martedì 25 novembre, a Padova, presso la sede della “Gilda degli Insegnanti” (Via P. Paruta, 46), con inizio alle ore 9.30 e prosecuzione anche nel primo pomeriggio, dopo un breve intervallo per il pranzo.

Il tema generale sarà “Le nuove proposte di legge sulla scuola ed il ruolo del CNADSI”.

Il MIUR, con nota Prot. AOODCPERS 13593 del 27 ottobre 2014 ha concesso ai partecipanti l’esonero dal servizio alle consuete condizioni.

Tutti siete invitati.

Cordiali saluti.

Per l’AESPI: Giuseppe Manzoni di Chiosca

Scarica tutta la presentazione del convegno

Si comincia a parlare di investimenti pubblici e di politica dei redditi
Gli ultimi dati pubblicati da varie istituzioni pubbliche e private rilevano che tutta l’Europa, e in particolare
l’Italia, è in forte recessione. Le conseguenze sia sulla produzione di beni e servizi, sia nei confronti della sempre più
ridotta occupazione – e soprattutto l’angosciosa prospettiva per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro -stanno facendo modificare le analisi di molti economisti: si parla sempre meno dei rattoppi fiscali, dei tagli a lle spese e
delle modifiche contrattuali per ridurre il costo del lavoro e si esaminano invece politiche economiche volte agli
investimenti pubblici e privati.
Manca ancora l’analisi di quelli che dovrebbero essere i tipi e l’entità degli investimenti pubblici, nonché
l’individuazione dei settori infrastrutturali, della ricerca e dell’innovazione come pure mancano adeguate analisi
relative a una politica industriale che individui le maniere di intervento dello Stato nelle produzioni di base (acciaio,
alluminio, etc.) e la riduzione dei costi per l’energia elettrica necessaria alle imprese energivore essenziali per le
produzioni indotte (meccaniche, chimiche, etc.).
Naturalmente il problema principale che incombe riguarda la creazione di redditi attraverso l’occupazione
della manodopera – ai vari livelli dirigenziali ed esecutivi – nei settori del risanamento ambientale e idrogeologico, in
quello delle comunicazioni (reti stradali, ferroviarie, etc.), dell’integrazione della scuola in ogni ordine e grado con le
attività produttive, con la distribuzione delle merci e l’efficienza dei servizi. Grave che in questo frangente la miopia e
l’ignoranza, non solo dei responsabili politici, ma anche dei loro consulenti tecnici o scientifici, si eserciti cercando di
risolvere elementi di contorno o a favore dei consumi ritenendoli la leva principale per la ripresa, mentre essi sono
soltanto la conseguenza e l’effetto di interventi diretti a creare appunto occupazione e redditi.
In questo numero viene affrontato il problema della riforma della Pubblica Amministrazione, dei Tribunali
amministrativi, delle Prefetture, delle Camere di Commercio in base alla favola per cui se lo Stato arretra nel regolare
e coordinare le attività, queste funzionano meglio. La confusione tra ciò che è efficienza e ciò che è pura burocrazia
avvelena ogni dibattito in materia. A questo proposito Mario Bozzi Sentieri fa chiarezza con un suo intervento.
Altrettanta chiarezza la fa Ettore Rivabella a proposito dell’altra demenziale proposta e cioè quella di
consumare subito il Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) che costituisce, insieme con l’essere una garanzia per il
lavoratore (e la sua famiglia) quando va in quiescenza, una non indifferente parte di finanziamento aziendale, in
costanza del rapporto di lavoro, per il quale l’impresa riconosce un interesse al lavoratore.
A proposito di proposte produttivistiche nella rubrica “Dibattito”, il prof. Vivaldi Forti parla di quelle che
potrebbero essere iniziative bancarie volte al sostegno dell’economia reale e non alla speculazione finanziaria.
Il numero attuale del bollettino è arricchito da una nuova rubrica “I Libri de Il Sestante”. Si tratta di una
rassegna di novità librarie collegate con gli argomenti oggetto di studio da parte del CESI (g.r.).

SOMMARIO
– A proposito della “riforma” della P.A. Se lo Stato arretra a pagare sono i cittadini e le imprese di Mario
Bozzi Sentieri
– La filosofia della precarietà: consumare nel presente ogni prospettiva futura. Tfr: Cosa nasconde
l’operazione del Governo Renzi di Ettore Rivabella
– Rubrica “I Libri del “Sestante”. Rassegna di novità librarie a cura di Mario Bozzi Sentieri
Recensione: D.Fisichella, Dittatura e monarchia. Italia tra le due guerre, a cura di Gaetano Rasi
– Rubrica “Dibattito”. Proposte per una politica bancaria compatibile con lo sviluppo di Carlo Vivaldi-Forti

Clicca qui per scaricare il bollettino completo

100popolo15 Novembre 1914 – 15 Novembre 2014

CENTENARIO DELLA FONDAZIONE DE “IL POPOLO D’ITALIA”

 

In occasione del centesimo anniversario della fondazione del quotidiano socialista interventista di Benito Mussolini, la Herald Editore ha il piacere di presentare un volume da collezione formato gigante (A3) che ha lo scopo di illustrare la storia d’Italia attraverso 100 pagine de “Il Popolo d’Italia” selezionate e commentate da Pietro Cappellari.

In occasione del centesimo anniversario dell’entrata in guerra della Nazione italiana (24 Maggio 1915), la presentazione di questo studio è un atto di fondamentale importanza per comprendere l’interventismo e il movimento di popolo che si schierò a favore dell’intervento.

“Il Popolo d’Italia” rappresentò la voce dell’interventismo e divenne, in breve tempo, la voce del soldato italiano impegnato in quella che rappresentò non solo la sua Quarta Guerra di Indipendenza ma, soprattutto, l’acquisizione di una pura coscienza nazionale e la consapevolezza che l’Italia avesse un primato e una missione da compiere tra le genti.

Nella redazione del quotidiano di Mussolini prese forma quell’idea rivoluzionaria che sconvolse l’assetto politico del Regno d’Italia che, in balia di un Governo incapace di assicurare alla Patria i frutti della Vittoria, rischiò di sprofondare nel caos della sovversione massimalista.

“Il Popolo d’Italia” fu la fucina dalla quale nacquero i Fasci di Combattimento Italiani e dalla quale scaturì la Rivoluzione delle camicie nere che contraddistinguerà la storia del continente europeo per oltre un ventennio.

Il volume, la cui uscita è prevista per la fine di Novembre, rappresenta un contribuito che si vuole dare a chi, libero da preconcetti politici, vuole conoscere la storia della nostra Patria.

Tutto sta cambiando, ma ne siamo veramente consapevoli?
Questo numero de Il Sestante esce al termine di un mese cruciale per il futuro della vita politica non solo del nostro Paese, ma anche dell’Europa. In esso l’accento viene posto su quelli che abbiamo chiamato i sintomi del cambiamento radicale avvertiti sia dai più attrezzati analisti e politologi, sia da quella stampa quotidiana che troppo spesso mette l’accento soprattutto su un artificioso sensazionalismo senza distinguere tra ciò che è valido e ciò che è chiacchiera o schermaglia momentanea.
Il problema che si pone pertanto è quello relativo ad una nuova classe dirigente in grado di affrontare la crisi e soprattutto di proporre un progetto politico e costituzionale adeguato a ciò che il presente sta preparando per un prossimo futuro.
Il Consigliere CESI Bozzi Sentieri, recensisce due recenti saggi e incentra la loro lettura valutando non solo l’essenza post-ideologica (intendendo con tale espressione il superamento delle vecchie ideologie in nome di un’impostazione ideologica più vera ed attuale), dell’attualità come alternativa al conservatorismo liberista e soprattutto quella centralità riguardante il lavoro e coloro che nell’attuale fase evolutiva della società non rappresentano più solo un fattore passivo della produzione, ma un fattore sistematicamente innovativo e quindi ancor più necessario ad essere partecipante organico nelle attività imprenditoriali e nella più ampia gestione politica dello Stato.
Nella Rubrica “dibattito” vi sono due stimolanti interventi: quello del prof. Carlo Vivaldi-Forti sulla questione di una nuova destra in un’epoca di transizione in cui i termini “destra” e “sinistra”non hanno più alcun significato univoco e quello del prof. Lucio Zichella che polemizza con le impostazioni del pessimismo qualunquista circa la natura del popolo italiano e deliberatamente pone l’accento sull’introduzione del Senato delle Competenze, ossia di una Camera legislativa espressa da “coloro che sanno”perché professionalmente dotati e quindi chiamati a porre a disposizione dell’interesse generale quanto hanno maturato in scienza, conoscenza ed esperienza nella loro vita individuale.
Il prossimo numero de Il Sestante affronterà temi riguardanti i rapporti economici tra l’Italia e l’Europa e cercherà d’individuare in maniera circostanziata quanto ancora sia lontano la concezione dottrinaria degli operatori attuali, italiani ed europei, da quanto invece è necessario non solo per superare la crisi, ma per riprendere un autentico sviluppo (g.r.).

SOMMARIO

- Vi sono i sintomi del cambiamento radicale.
Ma chi è in grado di raccogliere il momento storico? di Gaetano Rasi

- Note al margine di due recenti saggi.
La cogestione necessaria di Mario Bozzi Sentieri

- Rubrica “dibattito”. Lettere a Il Sestante e risposte del Presidente CESI
Carlo Vivaldi-Forti. Berlusconi prepara la fine della Destra?
Lucio Zichella. Passare dallo scetticismo pessimistico a proposte di elevazione civile

Clicca qui per scaricare il bollettino completo

Ma chi sarebbe il Bene Assoluto? Qualcuno mi chiede; ma buon Dio è Matteo Renzi!

Dopo aver dato (e ripreso) gli ottanta Euro <ai pensionati con meno di cinquecento Euro>, un lettore mi chiede, io rispondo <Santo Dio, che domanda fate, ma quali pensionati – di questi si attende la loro morte – ma gli ottanta Euro sono destinati a chi ne guadagna 1.500 di Euro>. No, cari lettori, non storcete la bocca, il Bene Assoluto intende estendere gli ottanta Euro anche alle mamme che dopo il primo gennaio partoriranno un bimbo. Bene…bravo….bis…tris….claps, claps (applausi).

Qualcuno dirà che sono un nostalgico del Male Assoluto. Perché, non si vede? Rispondo. Prima di andare avanti apro, per essere chiaro al massimo, uno dei più noti dizionari italiani, il De Agostini, nella voce nostalgico e leggo e trascrivo: <Che rimpiange un regime politico del passato, in particolare il fascismo>. Avvalendomi anche della rivista Paralleli, desidero ricordare che l’idea di premiare le mamme che concepivano un bambino era nata nella mente del perfido Male Assoluto ben 77 (dico: settantasette) anni fa. Infatti nel 1937 la campagna demografica offriva agli operai che si sposavano un assegno nuziale di 700 lire. L’assegno nuziale era inoltre corredato da un prestito senza interessi non inferiore alle 1.000 lire che veniva elargito a quanti sposati entro i venticinque anni, guadagnavano meno di mille lire lorde al mese, ossia la stragrande maggioranza degli italiani. A sei mesi dalla concessione del prestito si cominciava a restituire nella miserabile misura dell’1% al mese. Ma ora, caro Don Matteo attenzione: dopo la nascita di ciascun figlio la restituzione veniva sospesa per un anno e il prestito si riduceva del 10% del totale al primo figlio, del 20% al secondo, del 30% al terzo, del 40% al quarto, dopo di che veniva condonato. Alle madri riconosciute ufficialmente prolifiche, con almeno sette figli, il Male Assoluto inviava o consegnava personalmente in fastose cerimonie a Palazzo Venezia 5.000 lire più una polizza di assicurazione di 1.000 lire. Altre facilitazioni (attento don Matteo!), come per esempio la tessera gratuita per tutti i mezzi pubblici, arrivava loro dal fascio locale (oh mamma c’ho detto!!!! Ho nominato il Fascio). Don Matteo, no, non ho finito: i capifamiglia con prole numerosa godevano di privilegi straordinari negli impieghi statali, nei contratti di lavoro collettivi, nella concessione di prestiti a interesse, e di forti sconti nell’affitto degli appartamenti. Anche gli assegni familiari erano ragguardevoli: 3,60 lire la settimana per gli operai con un figlio, 4,80 per quelli con due o tre figli; 6 lire da quattro figli in su. Per gli impiegati (sempre alla settimana) 4,80, 6,50 e 7,20. Per i dipendenti del commercio, infine, gli assegni potevano essere anche più elevati.

Don Matteo, ma senta cosa ho letto oggi, non posso citare la fonte perché è un foglio anonimo: <Renzi, nella bramosa caccia al denaro con il quale mantenere almeno il 10% di quanto promesso, ha idea di far pagare il bollo di circolazione ai passeggini>. Don Matteo, lei mi dice che questa è una cattiveria?! Bene, allora ecco un’altra cattiveria. Sempre nello stesso foglio leggo: <Renzi vuol distribuire il TFR (liquidazione): vana speranza di riavviare così il consumo e quindi la produzione. Curioso: Mussolini lo inventò per garantire il lavoratore e dargli una vecchiaia serena. Renzi lo vuol depredare per fregargli con le tasse anche il futuro. Allora si costruì lo stato sociale, venendo dal medio evo. Oggi i sinistri ci vogliono risprofondare nei secoli bui. Bravi! Bene!>.

E in merito a quanto periodicamente accade in Italia (vedi ad esempio il caso di Genova), ecco quanto ha scritto l’anonimo cattivo: <Per la cronaca, l’ultimo che dragò seriamente i fiumi in Italia, fu Mussolini. Ma non si può dire, perché è apologia>. E infatti io non lo dico!

Torniamo ai beati tempi di oggi e termino citando una osservazione di Alessandro M. Questi, se possibile, è più ingrifato di me circa il Fascismo e il suo Capo. Leggiamo e trasmetto al Bene Assoluto, a don Matteo: <Quasi nessuno, tra i figli dei lavoratori che non vi risiedessero abitualmente, aveva mai potuto, in precedenza, passare periodi di vacanze ai monti o al mare, per l’ovvio motivo che a una famiglia di quei tempi, spesso famiglie numerose e monoreddito, una volta soddisfatto l’obiettivo primario della sussistenza, non rimanevano certamente denari per mandare i figli in villeggiatura. La villeggiatura era un privilegio dei benestanti. Non rari, nelle famiglie operaie, erano i casi di rachitismo o di malattie dell’apparato respiratorio, causate da condizioni di vita non certo ideali. Mediante questa istituzione (Alessandro M. si riferisce all’Opera Balilla e Colonie Marine e Montane per i ragazzi, opere concepite e volute nel periodo della truce tirannia) tutti i figli dei lavoratori che ne facessero richiesta e che si trovassero nelle condizioni di idoneità previste dai regolamenti, potevano usufruire di periodi di vacanza gratuiti ed essere assistiti in apposite strutture costruite a centinaia ai monti e al mare.

Tali strutture sorgono in tutto il territorio nazionale: da Massa a Bardonecchia, dal Sestriere alla riviera romagnola, dal Trentino a Ostia, dalla Sila alle coste della Sicilia. Anche in questo caso l’istituzione voluta dal Fascismo interviene al fine di equilibrare la fruizione di un bene, ridimensionando un privilegio ed estendendolo alle fasce deboli e stabilendo il principio che i bambini dei lavoratori hanno gli stessi diritti alla gioia ed alla salute di quelli dei ricchi.

E oggi? Fortuna che abbiamo un don Matteo che favorisce l’opposto di quanto fece il Male Assoluto. Altrimenti che Male Assoluto sarebbe?!

Per chiudere ripropongo una mia precedente domanda: sarebbe stato concepibile un Marchionne al tempo del Male Assoluto? A Voi la risposta!

Top