Blog

Crisi dell’europeismo per l’assenza di politiche adeguate
Le elezioni europee del 25 maggio sono viste in Italia molto più come un’indicazione degli indirizzi degli elettori circa la situazione interna (il futuro delle forze politiche rappresentate ora in Parlamento) che come l’orientamento e quindi il peso che dovrà avere il nostro Paese nei confronti dell’Unione Europea.
Si tratta di un fatto inevitabile se si considera che i maggiori esponenti politici attuali in Italia – Berlusconi, Grillo e Renzi – non siedono in Parlamento e quindi dall’esito delle elezioni si pensa di individuare solo quale potrà essere la durata della legislatura e quale sarà la politica del Governo italiano in questo periodo di crisi continuata. Ma tutto ciò è in contrasto con gli interessi del nostro Paese legato inevitabilmente al destino dell’Europa. Si deve infatti avere la consapevolezza che della crisi non possono essere imputate le singole nazioni del continente, non solo perché essa è nata negli Stati Uniti e da essi si è poi propagata, ma perché il vertice della UE ha dimostrato tutta la sua insufficienza ad affrontarla.
In una dell’ultime indagini dell’Eurobarometro, la percentuale degli europei che non ripone fiducia nel Parlamento supera di 8 punti quella di parere opposto; si tratta di una vera inversione di tendenza se si pensa che qualche anno fa i fiduciosi nel Parlamento europeo erano il 30% in più dei suoi detrattori.
L’impotenza dell’Europa ha prodotto tre conseguenze negative: pericolose fratture all’interno dell’Unione; una perdita di peso nella politica intercontinentale; dubbi sulla sopravvivenza della moneta unica. A tal proposito Joseph Stiglitz, Nobel per l’economia, ha recentemente accusato la classe politica di Bruxelles di non aver «avuto il coraggio di costruire le istituzioni necessarie» e che «non basta una mera unione monetaria».
Infatti non sono state create una legislazione fiscale ed industriale comune, non è stata introdotta una politica rivolta a comuni infrastrutture; la BCE non è una banca centrale dotata di quei poteri istituzionali che dovrebbe avere: prima di tutto quello di emettere moneta a seconda dei bisogni anti-deflazionistici di ciascun Stato, mentre al contrario è stato ratificato un Patto di Stabilità che pone vincoli alle spese per i necessari lavori pubblici e l’ammodernamento delle reti infrastrutturali. È prevalso il finanziamento solo tramite il sistema bancario il quale ha preferito la speculazione finanziaria sugli impieghi nell’economia reale.
Il nuovo Parlamento europeo, che avrà un suo rappresentante nella Commissione Europea, deve accelerare l’acquisizione di poteri tali da legiferare programmaticamente e impegnativamente a favore della politica e dell’economia dell’intero continente. Le accuse all’Italia per il suo debito pubblico sono pretestuose. Le potenzialità del nostro Paese per ridurlo sono reali purché non ci si limiti a politiche di contorno (magari a danno del lavoro) e a tassazioni deprimenti (a danno delle famiglie e delle imprese) ma invece ci si rivolga ai necessari grandi lavori pubblici per creare efficienze esterne per le imprese, occupazione diffusa e adeguati redditi per il riavvio della domanda aggregata (consumi e nuovi investimenti) (g.r.).

SOMMARIO DI QUESTO NUMERO

- Le elezioni europee del 25 maggio. L’Europa? Prima un’entità politica, poi economica di Agostino Scaramuzzino

- Le alte remunerazioni dei vertici aziendali troppo spesso non sono legate all’efficienza produttiva. Gli stipendi dei top manager come nuova frontiera della “questione sociale” di Mario Bozzi Sentieri

- A proposito di una classe politica irresponsabile e incapace. Marò inappuntabili, Governo vergognoso di Innocenzo Cruciani

- Responsabilità politica e competenza realizzativa. L’inefficienza legislativa del bicameralismo paritario di Alessio Brignone

Clicca qui per scaricare il bollettino completo

Comments ( 0 )

    Top