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La miope insistenza del vecchio “laissez faire”
È del tutto fuori luogo l’ottimismo espresso dal Governo, ed in particolare dal Presidente del Consiglio Letta e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Saccomanni, circa l’uscita a breve tempo dell’Italia dalla crisi economica. Gli indicatori economici citati a questo riguardo, oltre che ad essere di minima consistenza hanno le caratteristiche intrinseche della caducità. Infatti le registrazioni reali rimangono negative – deflazione, non investimenti, riduzione dei redditi, vendite ed ordini in continua diminuzione – mentre gli indicatori economici cosiddetti “anticipatori di previsioni” sono solo illusorie speranze non suffragate da reali andamenti e soprattutto non legati ad impegnativi programmi di politica economica antirecessiva e impostata allo sviluppo. Il problema che si pone è quello di fondo: siamo ancora dentro in un fenomeno ciclico tipico degli andamenti dell’economia capitalistica o siamo dentro una crisi endemica di un sistema che esige un cambiamento?Appare ormai chiaro che le alternative delle vecchie impostazioni ideologiche non sono più sufficienti a inquadrare i fenomeni di questi anni: la scelta non può più essere tra capitalismo o lavorismo, tra liberalismo e socialismo, tra privatismo o statalismo. Sono alternative superate e del tutto incapaci di descrivere e poi dar luogo a scelte radicali su questi concetti contrapposti. Non si tratta di trovare posizioni intermedie ed oscillanti fra poli estremi (“economia mista”, oppure “economia sociale di mercato”), ma di introdurre un sistema organico di politica sociale ed economica che produca non soltanto la crescita quantitativa, ma soprattutto lo sviluppo qualitativo delle moderne società aperte. Bisogna introdurre una politica di interventi pubblici a carattere infrastrutturale senza cadere in un regime economico statalista di tipo social-comunista e di rendere effettivo il confronto competitivo per i beni fungibili (produzione di merci e prestazione di servizi in libera concorrenza).
L’argomento della persistente crisi odierna italiana è ovviamente oggetto di attenzione sia da parte dei giornali più specificatamente economico-finanziari (come Il Sole 24 Ore, Italia Oggi, Milano Finanza), sia delle pagine economiche di tutti i quotidiani (come per esempio quelle del Corriere della Sera, La Stampa, Repubblica, Messaggero, etc). Tuttavia, le analisi rimangono sempre totalitariamente legate alla vecchia ideologia del capitalismo liberistico per cui si ritiene che la soluzione dei problemi consista soprattutto nel riaffermare il vecchio principio del “laissez faire”. Questo atteggiamento passivo e misure puramente sono orma del tutto inconcepibili: è necessaria una attiva e diretta politica economica anticrisi che impegni non solo l’esecutivo, ma tutte le categorie economiche, professionali e sociali del Paese (g.r.).

SOMMARIO DI QUESTO NUMERO
– Fabrizio Galimberti, “Perché l’ottimismo è ancora fuori luogo ?”. Passare dalla sola spesa di breve periodo a massicci investimenti di utilizzazione duratura“ di Gaetano Rasi

- Massimo Anderson, presidente Federproprietà: “Un Governo nel Caos”. La denuncia delle categorie produttive per un cambiamento di sistema.

- Agostino Scaramuzzino su Scuola e Lavoro: “Rappresentatività sindacale nelle aziende. Andare oltre i parametri della rappresentatività contrattuale per essere soggetti politici.

- Anche nelle autonomie locali esiste una crisi di sistema. Al tramonto la stagione dei sindaci e dei “governatori” di Mario Bozzi Sentieri

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