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Carlo Alberto Biggini è stato Podestà, o più precisamente Commissario Prefettizio di Sarzana, per due anni esatti, dal 14 gennaio 1938 al 21 gennaio 1940. Era succeduto nella carica all’avvocato Bernardo Tamburi, il quale aveva lasciato non senza polemiche l’incarico di primo cittadino dopo che ignoti, (ma certo appartenenti all’ambiente fascista) avevano scritto sui muri della città il suo nome accostandolo ad un riferimento massonico. Per capire meglio il significato del suo impegno amministrativo, si deve preliminarmente chiarire che nel biennio 1938-40, Biggini dovette far fronte a numerosi altri prestigiosi incarichi pubblici. Nell’aprile del ‘38 venne infatti nominato presidente della Commissione per le Questioni sociali e del Lavoro della Camera; nel novembre dello stesso anno divenne ordinario di diritto costituzionale all’Università di Pisa; nel marzo del ‘39 fu eletto consigliere nazionale della nuova Camera dei fasci e delle corporazioni; nell’ottobre del 1939 è consulente giuridico del ministero degli Esteri; nel novembre di quell’anno è incaricato di Dottrina generale dello Stato sempre all’Università di Pisa, presso la quale ha anche l’incarico di Direttore della Scuola superiore di diritto e di scienze corporative, mentre nel dicembre del 1939 inizia la stesura dell’opera sui carteggi della Conciliazione. Il 1938 tocca anche la sua vita privata, dal momento che il 1 febbraio nasce il figlio Carlo. Si capisce che in questa selva di impegni, tutti gravosi per il loro carattere operativo, il tempo da dedicare alle cure della sua città fu verosimilmente limitato. E’ perciò credibile che in questa situazione d’autentica emergenza egli preferì dedicarsi ad attività e settori “mirati”, con particolare attenzione a quelli meglio rispondenti ai suoi interessi umanistici e culturali. E ciò anche a prescindere dalle restrizioni finanziarie che, in un’austera economia prebellica come quella degli anni in esame, caratterizzavano l’attività amministrativa. Fra i suoi primi impegni – almeno da quanto appare nel libro delle deliberazioni podestarili di quegli anni, conservato nell’archivio storico comunale – vi fu infatti quello del completamento della costruzione delle Scuole elementari di viale XXI Luglio, progettata già nel 1934. In particolare Biggini sì adoperò per poter accedere al mutuo necessario al compimento dell’opera, e una volta portata a termine questa, fece fronte al non secondario impegno finanziario di arredare l’intero edificio scolastico nei suoi tre piani, nonché la palestra scolastica che completava il complesso. In questo modo le scuole poterono iniziare a funzionare a partire dall’anno scolastico 1939. Nell’agosto di quello stesso anno deliberò e realizzò il trasferimento della Biblioteca civica in una nuova più consona sede, della quale nell’occasione provvide ad acquistare l’arredo completo di scaffali ed armadi. D’intesa poi con Corrado Martinetti, il bibliotecario-poeta al quale è oggi intitolata la Biblioteca comunale, mise mano alla esecuzione del lavoro di sistemazione del materiale bibliografico ed al riordinamento delle schede. Ma certamente l’obiettivo più qualificante ed ambizioso fra quelli perseguiti dal podestà Biggini fu l’ideazione e la realizzazione del nuovo Liceo Classico, poi intitolato al papa umanista sarzanese Nicolò V Parentucelli. In quello stesso 1939, infatti, Biggini ritenne Sarzana meritevole di avere un suo liceo ad indirizzo classico, ed in questo senso indirizzò una richiesta al Ministero dell’Educazione Nazionale, indicandone la sede nel terzo piano del recente edificio scolastico. Dopo pochi mesi arrivò la risposta positiva e così il 16 ottobre del 1940 iniziava “il suo funzionamento il R. Liceo Classico istituito con provvedimento governativo nella nostra città”, come è scritto nella deliberazione con la quale si provvedeva ad installarvi un telefono. Su un altro piano, meno austero ma sicuramente più popolare, si deve anche ricordare che nel 1938 Carlo Alberto Biggini diede vita al “Settembre Sarzanese” una sorta di kermesse cittadina con manifestazioni ludiche, sportive ed enogastronomiche, che si concludeva l’ultima domenica del mese con la tradizionale sfilata dei carri dedicati all’uva ed al vino. Che l’intuizione del futuro ministro sia stata felice lo dimostra il fatto che la festa venne ripresa nel dopoguerra e continuò ininterrottamente fino alla fine degli anni ‘50, registrando sempre una grande partecipazione di gente proveniente anche dagli altri paesi.

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