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E’ iniziato il dibattito sul superamento della Costituzione del ‘48 . La ripresa degli studi per una Repubblica presidenziale fondata sulla rappresentanza integrale del cittadino e sulla democrazia sociale e delle competenze. Guardare al futuro senza trascurare la dottrina e l’esperienza del passato” Si è tenuto sabato 19 novembre a Sarzana, sua città natale, l’annunciato Convegno Nazionale su Carlo Alberto Biggini, nel 60° anniversario della prematura scomparsa dell’insigne costituzionalista ed impegnato uomo politico. Sulle cause della sua morte, a nemmeno 43 anni, pesano gravi sospetti. Nel corso dei lavori – che hanno visto la partecipazione di noti uomini politici di vari indirizzi, di storici, giuristi ed economisti, nonché di un vasto e scelto pubblico – si è colta l’occasione, oltre che di scandagliare la figura e l’opera dell’illustre sarzanese, di porre le basi per una ripresa degli studi politico-costituzionali di revisione della Carta italiana al fine di realizzare una democrazia compiuta ed una più efficiente selezione della classe politica. Dopo i saluti della nuora Gigliola Biggini e del nipote Carlo Alberto Jn., il Prof. Gaetano Rasi, Presidente dell’Istituto intitolato al costituzionalista, ha svolto la relazione introduttiva ponendo in luce l’attività scientifica e di docente universitario (Biggini è stato anche Rettore dell’Università di Pisa) fortemente intrecciata con quella di uomo politico, di parlamentare e di ministro. “La visione politica di Biggini si ispirò ad una società organizzata a Stato nella quale fossero fusi i valori del liberismo e del socialismo e ciò malgrado le contingenze storiche condizionate dalla dittatura e della guerra”. “E’ stato un costituzionalista “pratico” – ha detto Rasi – perché egli “ ha praticato il costituzionalismo evolutivo in parallelo con l’evoluzione della moderna società tecnologica”. “La forte dinamica dei mutamenti scientifici e tecnici e la diversa organizzazione del rapporto di produzione – ha poi proseguito Rasi – richiede, oggi ancor più di prima, una rappresentanza politica espressa non solo dai partiti, ma anche dalle categorie del lavoro, delle competenze e degli interessi legittimi”. Ed in questo Biggini costituzionalista può essere una fonte di prim’ordine. Il Presidente dell’Istituto C.A. Biggini ha quindi sottolineato che “ è improponibile il modello del tempo di Biggini, ma che vanno studiate le elaborazioni di quegli anni, depurate dagli istituti espressi dalle esigenze belliche, per proporre una Repubblica presidenziale basata su una democrazia sociale più rappresentativa”. “Questo è il compito – ha concluso Rasi – dell’Istituto Carlo Alberto Biggini. Lo storico e giornalista Luciano Garibaldi, biografo di Carlo Alberto Biggini con il noto libro “Mussolini e il Professore”, pubblicato nel 1982, ha poi tracciato i lineamenti di un percorso umano, scientifico e politico, densissimo e straordinario. Ne è venuta fuori una figura suggestiva: giurista, docente universitario, scrittore, storico, pamphlettista, oratore di grande suggestione, parlamentare, volontario in Africa Orientale, capitano per meriti di guerra, riformatore dei Codici Civile, di Commercio e di Navigazione. E, poi, ministro dell’Educazione Nazionale il 6 febbraio 1943, succedendo a Bottai, fu tra coloro che il 25 luglio 1943 in Gran Consiglio votarono contro l’ordine del giorno Grandi.

Dopo l’8 settembre 1943 accettò di ricoprire lo stesso incarico di ministro nel governo della RSI e redasse, in soli 15 giorni, la bozza di quella che doveva essere la Costituzione del nuovo Stato repubblicano e la cui approvazione fu rinviata alla conclusione della guerra. Garibaldi ha ricordato che, nella sua veste di ministro, Biggini ebbe carta bianca da Mussolini che, attraverso lui, potè mettere in salvo centinaia di militari, intellettuali, ebrei, esponenti della Resistenza, avvalendosi anche della sua amicizia con Corrado Bonfantini, capo delle formazioni socialiste. Da sottolineare – ha osservato Garibaldi – che egli reintrodusse la democrazia nelle Università , esonerò i professori dal giuramento ed appoggiò la nascita di un partito d’opposizione. Luciano Garibaldi ha ricordato che Mussolini, riferendosi a quei momenti di violenza, di vigliaccheria e di guerra civile, coniò per Biggini una poetica immagine:” A volte anche in una pozza di fango può nascere un fiore”. Concludendo il suo intervento il giornalista ha ricordato che Biggini morì, sotto diverso nome, a nemmeno 43 anni, solo, in una clinica di Milano, si disse di un “misterioso tumore”. Su “Biggini e il dibattito politico culturale nella Liguria degli anni Venti” è intervenuto l’On. Egidio Banti il quale, sulla base dei dati finora disponibili e un ampio esame della documentazione storica relativa al periodo, ha ricostruito il cammino culturale e politico di Carlo Alberto Biggini nel vivace ambiente genovese: dall’ottobre 1920, data del primo – ancorché per allora episodico – impegno nelle avanguardie giovanili fasciste, ai contatti con la rivista genovese “Pietre”, sino al primo maggio 1928, quando, rotti gli ultimi indugi, chiese l’iscrizione al Partito fascista. “Tale cammino – ha affermato Banti – si inserisce, quasi in punta di piedi – ma con il supporto di un’intelligenza molto acuta e di un sincero atteggiamento di ricerca unito alla passione politica e culturale – nel dibattito sul futuro di un Paese allo sbando, al quale la sinistra storica, ed in particolare il socialismo riformista, non erano stati in grado ( dal biennio rosso al fallimento dell’Aventino ) di offrire alternative credibili e condivise”. Avviandosi alla conclusione l’On. Banti ha ricordato che, in un tale contesto, si incontrano in quegli anni nomi quali Carlo Rosselli e Alfredo Poggi, Lelio Basso e Paolo Emilio Bensa, Giuseppe Canepa e molti altri.. “ Da ultimo – ha osservato l’On. Banti – la scelta “corporativa” fatta dal regime fascista appare a Biggini convincente, come frutto maturo di un dibattito avviato in Inghilterra sin dall’inizio del secolo con il diffondersi del guildismo ( ben conosciuto e studiato da Rosselli) e poi ripreso con forza dal “fascismo critico” di Giuseppe Bottai”. Il Prof Filippo Peschiera, che ha insegnato Diritto sindacale a Milano, ha affrontato , nella sua relazione, due temi importanti: la fede religiosa di Carlo Alberto Bigini e i suoi rapporti con la Chiesa cattolica, da un lato, e, dall’altro, la progettualità in materia di partecipazione del lavoro nella gestione delle imprese e più in generale il suo pensiero sociale. Sul credo religioso vi sono i suoi rapporti con i frati della Basilica del Santo a Padova e con i benedettini dell’Abbazia di Praglia. Estremamente interessante quanto scritto da Padre Agostino Gemelli, amico del ministro, che visitò Biggini di nascosto nell’estate del 1945, quando sotto il nome di copertura di prof De Carli, si trovava clandestino in una clinica di Milano. Interessante la diagnosi del Padre agostiniano e medico, fondatore dell’Università Cattolica: “Biggini non è ammalato di tumore!”. Ci si domanda: Qual’era il veleno che subdolamente gli veniva propinato e che lo porterà alla morte? Tornando al tema dell’intervento va ricordato che in precedenza vi erano state le sue ricerche sui Patti lateranensi. Biggini ebbe da Mussolini, perché ne facesse oggetto di studio e di commento, le carte relative alla genesi e alle trattative tra lo Stato italiano e la Santa Sede. E’ tuttora un’opera fondamentale per la documentazione storica e per conoscere le convinzioni di un laico credente, rispettoso del magistero della Chiesa, ma anche geloso dell’autonomia e della sovranità dello Stato. Per quanto riguarda il pensiero sociale di Biggini, il prof. Peschiera ha esaminato il percorso dal concetto di collaborazione di classe, che ha caratterizzato il periodo del regime fascista, al concetto di partecipazione alla gestione nell’impresa e ai suoi risultati economici., che ha caratterizzato l’esperienza della Repubblica sociale. Il Prof. Peschiera ha quindi richiamato l’attenzione sulla dottrina sociale cattolica alla quale tanta parte del pensiero partecipazionista, anche di Biggini, è debitore. Nel suo intervento lo storico Roberto Festorazzi, ha trattato del mistero della scomparsa di una delle copie del carteggio Churchill-Mussolini: quella affidata da Mussolini stesso a Carlo Albero Biggini, nella primavera del 1945, prima dell’epilogo della vicenda della Repubblica sociale italiana. Secondo Festorazzi, Mussolini aveva scelto bene, affidando al suo ministro le carte che avrebbero dovuto essere una delle basi essenziali per la comprensione della storia di quel periodo e soprattutto utili per l’immediato futuro del Paese, ossia ad eventi conclusi. “Biggini rappresentava, agli occhi del dittatore, una risorsa ideale da spendere quando tutto era ormai perduto. Ma gli eventi – ha commentato Festorazzi – avrebbero deciso diversamente”. L’abbandono del carteggio a Villa Gemma, sul Lago di Garda, e poi, il dramma della malattia e della morte di Biggini, vanificarono tale progetto. Non è escluso che proprio le copie in mano di Carlo Alberto Biggini siano all’origine del suo doloroso e misterioso epilogo. Il Convegno è proseguito, poi, con una acuta e pertinente analisi storica effettuata dall’avv. Giovanni Pardi: Un parallelismo tra la vicenda di Carlo Alberto Bigini e quella di un secolo prima di Pellegrino Rossi. “L’incontro tra Carlo Alberto Biggini e Pellegrino Rossi – ha detto Pardi – avviene in occasione della collaborazione tra il giovane studioso e il nuovo Istituto dell’ Enciclopedia Treccani, presieduto da Guglielmo Marconi e diretto da Giovanni Gentile, col quale Biggini è in stretto rapporto di simpatia e di collaborazione culturale” L’avv. Pardi ha ricordato che per la Treccani Biggini curò una sola voce, quella appunto dedicata alla figura del grande carrarese il quale, dopo i successi riportati nei suoi viaggi in Europa come giurista costituzionalista ed economista, tenterà di traghettare lo Stato pontificio verso il Risorgimento italiano. “La tragica fine di Pellegrino Rossi – immolatosi superando ogni interesse personale e per il solo spirito supremo di servizio a quello che, pur essendo diventato cittadino francese, era il suo Paese, l’Italia nascente appunto del 1849 – si ripeterà con lo stesso spirito di sacrificio e di dedizione nella vita di Carlo Alberto Bigini, negli anni dal 1943 al 1945”. Preconizzazione di un destino? La storia si è ripetuta? L’avv. Pardi osserva come Pellegrino Rossi sia stato, probabilmente con una consapevolezza implicita nella moralità del nostro protagonista, il modello al quale si è ispirato Biggini “dedicandosi alla missione di portare l’Italia a chiudere il periodo fascista e la tragedia della guerra con il minor carico possibile di sofferenze umane e di danni culturali e materiali ”. Proprio su quest’ultimo punto è intervenuto il Prof. Marco Borghi, Direttore dell’Istituto storico della Resistenza di Venezia, parlando di Biggini, ministro dell’Educazione Nazionale a Padova, città dove aveva sede quel ministero durante la Rsi. “Un’adesione sofferta, ma consapevole – dice il Prof. Borghi – ; ministro in una città, Padova e la sua Università centro riconosciuto della Resistenza veneta; una linea politica incentrata sulla moderazione perseguita con coerenza fino alla fine, spesso in contrasto con altre correnti interne; un ruolo istituzionale esercitato con responsabilità in tempi difficili” Sono queste le coordinate entro le quali si è svolta la relazione del prof: Borghi e che hanno come punto focale l’intera vicenda del Ministro Biggini: “ Un percorso, quello del giurista di Sarzana, difficile da inquadrare, ricco di spunti e indicazioni per avvicinarsi e conoscere con maggior puntualità e precisione le dinamiche, assai stratificate, che caratterizzano i seicento giorni di Salò.” “La figura e l’operato di Biggini, comunque – ha concluso lo storico – diventano pertanto fondamentali per ricomporre l’esperienza politica del fascismo repubblicano, oltre il suo volto più brutale e vessatorio”. Il Prof. Luca Galantini ha dedicato la sua relazione all’opera di Carlo Alberto Bigini quale studioso di Diritto Costituzionale e si è sviluppata su due binari temporali che – come ha detto il relatore –“la storia pare dimostrare destinati ad intrecciarsi continuamente”. Il primo binario trattato dal prof. Galantini ha riguardato lo studio e l’analisi critica della riflessione di Biggini sul ruolo e le finalità della istituzione “Stato”, in un periodo in cui non è assolutamente scontato il superamento delle sovranità nazionali a favore delle strutture istituzionali sopranazionali, frutto della globalizzazione delle relazioni internazionali. Galantini ha così evidenziato la freschezza dell’approccio critico del costituzionalista di Sarzana alla funzionalità strategica nella società civile dello Stato, incentrato su di un profondo ripensamento del principio della partecipazione attiva dei cittadini allo Stato stesso attraverso il superamento della contrapposizione tra Stato-apparato e Stato-società, Stato legale e Stato-reale. “E si rammenti che – ha osservato il prof: Galantini – che queste riflessioni si svolgono nel solco del declino dell’esperimento autoritario fascista”. Il secondo binario di riflessione ha riguardato le analisi interpretative della maggior parte dei giuspubblicisti contemporanei e degli analisti di Diritto Internazionale, pur nelle griglia trasversale delle differenti matrici di scuola ideologica, che – a giudizio del costituzionalista Galantini – ” convergono uniformi sulla constatazione della impossibilità di cassare gli elementi identitari di cultura, lingua, religione, etnia, dalla tipizzazione di nuovi prototipi istituzionali di governo, sia locali che internazionali”. Avviandosi alla fine del suo intervento, il prof. Galantini ha osservato inoltre che “nella elaborazione della propria riflessione sui fondamenti del diritto costituzionale, pur senza cedere agli stereotipi dello Stato-etico, Biggini ha avuto sempre come stella polare la centralità della persona, secondo una cifra interpretativa che sin dall’affermazione dei canonisti cristiani del diritto nel medioevo, si contrappone a ipostatizzazioni di modelli sociali avulsi dal riconoscimento della preesistenza di caratteri propri di una società, che il diritto non può fare a meno di riconoscere come complementari dello sviluppo della società civile”. Particolarmente interessante l’intervento del Sen. Lorenzo Forieri, che ha ripercorso la storia della famiglia Bigini di Sarzana a partire dalla metà dell’’800, ricordando anzitutto il trisavolo Francesco. noto per il patriottismo risorgimentale. Famosi poi, il due figli: Michele, caduto eroicamente nella battaglia della Cernia, e Carlo, esponente repubblicano filogaribaldino. Della personalità politica di Ugo Biggini, padre del Ministro, Forcieri ha ricordato che era un combattivo esponente del socialismo riformista e antifascista. A tal proposito il relatore traccia un inedito profilo, grazie anche a nuovi documenti tratti dall’archivio della Questura di La Spezia. Come si spiega dunque, si chiede il sen. Forcieri, il “tradimento”di Carlo Alberto Biggini? La spiegazione viene trovata nel contesto ambientale, culturale e politico degli anni dell’Università del giovane Carlo Alberto. Ossia nel vivace ambiente genovese nel quale maturarono quei convincimenti che lo portarono, insieme con l’impegno accademico, alla militanza politica. Una pagine per buona parte inedita è stata ricordata dal dott. Salvatore Giannella, giornalista ed autore del libro “L’Arca dell’arte”, nonchè di un film da poco proiettato, a proposito del salvataggio del patrimonio artistico operato da Carlo Alberto Bigini nei due periodi nei quali fu ministro. Si tratta di un “errore” voluto nella data di un telegramma, faccenda che era stata toccata anche nel Diario di Pasquale Rotondi, il Sovrintendente di Urbino che nel corso della Seconda Guerra Mondiale fu il salvatore di migliaia di capolavori dell’arte italiana provenienti da Venezia, Milano, dalle Marche e persino dalla Dalmazia, e ricoverati nel Montefeltro marchigiano. Il “giallo“ è stato rivelato dal Dott. Giannella in una data sbagliata ad arte da Biggini al fine di consentire il salvataggio presso il Vaticano, cosa che diversamente non sarebbe avvenuta. Giannella ha fatto vivere personaggi e momenti epici di quegli eventi nei quali, mentre lo scontro cruento dominava, si pensava da parte di spiriti nobili e coraggiosi al patrimonio di storia e di arte nel nostro Paese. Su tutti Biggini che si sobbarcava responsabilità rischiose dati i tempi. Il Prof. Scaramuzzino ha parlato su “C.A. Biggini e la scuola”, ossia del periodo nel quale il costituzionalista si occupò delle sorti del mondo dell’insegnamento e dei programmi di ogni ordine e grado: prima, dal 6 febbraio al 25 luglio 1943, e poi dal settembre dello stesso anno ’43 fino al 25 aprile del 1945. Dice il Prof. Scaramuzzino: “nonostante le difficoltà del momento, Biggini, estimatore del pensiero di Giovanni Gentile, si richiama allo spirito della legge del 1923 e partendo dalla allora recente riforma del 1940 di Giuseppe Bottai, apporta modifiche sostanziali a tutto l’ordinamento scolastico: sulla base del principio: formare la volontà oltre che educare l’intelligenza dei giovani. Il Presidente, Prof Gaetano Rasi ha, alla fine, tratto alcune brevi conclusioni del Convegno. Dopo aver ringraziato tutti i relatori e il folto pubblico intervenuto, Rasi ha detto: “Alla distanza di ben oltre mezzo secolo la figura di Biggini mantiene la sua statura di illustre studioso e di politico illuminato e rappresenta sempre un esempio di lealtà e di coraggio nell’interesse dal Paese che ha servito con estrema dedizione”. “Il servizio che egli ha reso allora all’Italia – ha proseguito Rasi – si proietta nel tempo fino ed oltre i giorni nostri perché ha espresso un pensiero modernissimo riguardante la costruzione concreta dello Stato di tutti i cittadini, la necessità di una rappresentanza politica dell’intera società operosa, l’introduzione di istituti di efficienza e di competenze politicamente impegnate.” Rasi ha poi proseguito: “Il 60° anniversario della sua drammatica scomparsa cade proprio mentre si sta riformando la Costituzione italiana del 1948, nata “vecchia”, come diceva Pietro Calamandrei già nel momento della sua redazione.” “L’Istituto Carlo Alberto Biggini intende operare perché venga avviato un nuovo periodo costituente al fine di introdurre modifiche sostanziali volte a realizzare la rappresentanza politica integrale del cittadino, oltre che attraverso i partiti, attraverso la categorie produttive del lavoro, le organizzazioni degli interessi legittimi e soprattutto le organizzazioni delle competenze”. “Insomma, perchè dalla democrazia formale si passi alla democrazia sostanziale e si operi una migliore selezione della classe dirigente in un’epoca di forte integrazione sociale, di globalizzazione dei problemi e di grande articolazione e pervasività tecnologica”. Il Prof. Rasi ha rivolto alla fine un invito: “L’Istituto fa appello a tutti coloro che, pur se di diverso orientamento, sono interessati a partecipare ai questi studi”.

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